Saltburn: la falena che si trasforma in vampiro nella bella black comedy di Emerald Fennell

Shangherata e scorretta, quindi vincente

Emerald Fennell aveva già dato prova di essere, oltre che un’ottima attrice, anche una brava regista con il suo Una Donna Promettente. Soprattutto Fennell deve avere una particolare predisposizione per le black comedy, per personaggi all’apparenza insicuri, insignificanti, che a poco a poco si trasformano in mostri. Accadeva nel suo film del 2020, ritmato dall’ansia di vendetta e di giustizia, accade in questo Saltburn in cui il discorso si muta, diventando, per certi versi, più politico e raffinato. Se in Una Donna Promettente, Carey Mulligan perpetrava le proprie crudeltà per punire gli…impuniti, qui il grandioso Barry Keoghan incede per disintegrare dall’interno come un vero e proprio terrorista sociale, il dorato e vacuo mondo dell’upper class britannica. Lo fa incedendo in una sceneggiatura sghangherata e spumeggiante, con colpi ad effetto, spesso grottesca, quindi basata sull’ironia e lo sberleffo, volutamente irrisolta nel senso conclusivo perché Fennell sa dove andare a parare. Parrebbe un limite del film, invece è la sua forza.

La finzione dell’amore-odio

Ricordate l’hate and love tatuati sulle mani di Robert Mitchum in quel capolavoro che è La Morte Corre sul Fiume di Charles Laughton? Ebbene l’Oliver Quick-evoluzione nera del Twist dickensiano?- interpretato da Keoghan in Saltburn sembra muoversi proprio per amore e per odio, anche se la lucida crudeltà è l’unica attinenza con il personaggio del film del 1955. È un individuo silenzioso, quasi timido, uno studentello oxfordiano del genere primo della classe senza alcuna relazione sociale. Lasciato ai margini per manifesto anonimato. È così che Fennell lo presenta ma ben presto si comprende che dietro quell’espressione un po’così si cela qualcuno mosso da insane pulsioni, capace di nascondere l’invidia di casta attraverso un artificiale innamoramento o desiderio morboso per lo studente che incarna tutto ciò che lui non è. Così, come prammatica, desiderio e l’attrazione diventano il grimaldello necessario per attuare un vero e proprio processo di sostituzione sociale. Il compito di Wick-Keoghan è quello e lo porterà a termine, secondo la sua ottica, nel migliore dei modi.

Grand Guignol psicologico nella terra d’Albione

Quick è uno straordinario psycho killer-anche i Talking Heads c’entrano nulla- che si insinua nella vita dell’aristocrazia britannica. Ne fa a pezzi i birignao, il classismo, le esistenze fuori dal tempo, gli anacronismi, la vacuità. Penetra in un mondo di marionette, ne prende possesso, lo gestisce. È la falena che sbatte contro le finestre– una delle battute che precedono la parte finale del film- che si trasforma in vampiro perché solo in quel modo avrà la capacità di diventare ciò che non è mai stato. In questo, con i dovuti distingui, l’operazione di Fennell ricorda quella di Bong Joon.ho in Parasite-Sembra Goldoni ma è Parasite, perfetto congegno ad orologeria che smaschera un’intera società-. o addirittura in SnowpiercerSnowpiercer, viaggio nell’indole umana senza retorica. La differenza però è che in Saltburn tutto è a ritmo di allucinato divertissement, di un’interpretazione d’assieme pimpante e di una colonna sonora che riporta in auge buona parte dell’indie rock e del pop del primo decennio degli Anni 2000. Non tutto è perfetto sul piano etico: il signor Quick non è Robin Hood. È un semplice omicida senza morale e senza scrupoli. Serve a distruggere non a costruire.

Keoghan è un mostro….di bravura

Lo aveva già dimostrato in Dunkirk, nel Il Sacrificio del Cervo Sacro e soprattutto ne Gli Spiriti dell’IsolaGli Spiriti dell’Isola: la radice teatrale a volte smorza il ritmo del film di Martin McDonagh. Ma gli interpreti sono al top ma in Saltburn Barry Keoghan si supera. È impacciato e pretenzioso, viscido e crudele, amorale e bugiardo, morboso e disperato. L’attore irlandese disegna attraverso il proprio sguardo un caleidoscopio di stati d’animo e espressioni a conferma di possedere enormi potenzialità. Assieme a lui non delude Jakob Elordi ed è bravissima Alison Oliver. Di Rosamund Pike è quasi inutile la citazione, capace come è l’attrice inglese di unire gran classe e di sciorinare battute a raffica. << Sono stata lesbica– recita il suo personaggio-ma tutto era troppo umido. Preferisco gli uomini, sono più asciutti e piacevoli>>. O alla domanda di Quick-Keoghan su quale carattere tipografico avessero usato per una lapide mortuaria risponde :<< Il Times New Roman sta bene vero su una tomba?>>. Il fim è anche un concentrato di botta-risposta a cui non si sottraggono i protagonisti, Carey Mulligan compresa. Fennell accontenta gli esteti. Il formato in 4:3 non castra la raffinatezza delle immagini né il continuo cambiamento di colore. C’è atmosfera da Nosferatu, così come visioni alla Peter Greenaway de I Misteri del Giardino di Compton House. Visibile su Amazon Prime Video, Saltburn è un film da godere pur nelle piccole imperfezioni e in alcuni eccessi che servono più a creare un caso che al contenuto reale dell’opera. Ma un dato è certo: Emerald Fennell ha tutto per diventare una grande regista. Perché è originale, ha fantasia e si prende dei rischi in nome della personalità.

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