I ricordi sono sempre bagnati di lacrime
Esistono parecchi motivi per vedere Un Lungo Viaggio Nella Notte dell’enfant prodige della cinematografia cinese Bi Gan come ne esistono altri, ugualmente validi, per cestinarlo. Perché se da un lato il film che nella titolazione in lingua inglese riprende il titolo Long Day’s Journey into Night, lo stesso dell’opera teatrale di Eugene O’Neill, con cui non ha nessuna parentela, è magistrale per quanto riguarda l’impatto scenico-visivo dall’altro sembra troppo spesso girare a vuoto, esaltando più la maestria del proprio autore che il contenuto stesso. O meglio la riflessione di Bi Gan è un qualcosa di già visto ; si riferisce al tempo,all’andare a ritroso, all’esplorare la memoria. Non per niente fin dalle prime scene lo spettatore si trova di fronte a qualcosa che ricorda l’insuperabile, per il momento, maestro della cinematografia orientale nel campo della riflessione sui sentimenti e dell’amor perduto. I Ricordi Sono Sempre Bagnati di Lacrime di 2046 di Wong Kar-wai o le atmosfere di In The Mood for Love nel film di Bi Gan sembrano rappresentare un asse portante del soggetto e del relativo svolgimento così come il ricorso continuo alla voce fuoricampo che nella prima parte dell’opera cerca di indicare allo spettatore in quale punto dello spazio-tempo la storia si stia svolgendo. Un’operazione che non sempre riesce, che confonde e stride appunto con la costruzione scenica al limite della perfezione e del virtuosismo fotografico. Così si ha sempre l’impressione di non riuscire a vivere il dramma del protagonista, di non partecipare attivamente alla storia ma di limitarsi a osservarne acriticamente la bellezza.
Una prima parte che si avvolge fin troppo su se stessa
Un po’come cenare con una splendida persona, elegante, fascinosa e accorgersi che sotto le apparenze ci sia molto meno di quanto promesso. È il crinale su cui cammina Un Lungo Viaggio Nella Notte per tutta la prima parte. Bi Gan sparge a più riprese simboli, segni; sembra non volerli-o non riuscire- incastrare seguendo un filo logico. C’è un uomo che ritorna a casa per seppellire il padre e che indaga sulla morte del proprio amico Gatto Randagio. Diventa fatale e anche scontato fin dall’incipit che quella ricerca non sia altro che il penetrare nelle proprie zone d’ombra, le cui forme sono quelle, nella migliore tradizione dei melò noir, di un amore perduto. Da qui parte il viaggio ma il punto d’arrivo sarà un altro film, presentato in modo originale-ma fino a un certo punto- con improvvisi titoli in una sala cinematografica di un villaggio in via di demolizione: Un Lungo Viaggio Nella Notte. E in quel momento inizia un’altra avventura, quella che preferiamo.
Un secondo film dove il sogno annulla il tempo
È la vera potenza del lavoro di Bi Gan. Tutto ciò che per oltre un’ora abbiamo visto viene annullato, il regista abbandona totalmente la trama, taglia qualsiasi forma di illogico realismo, conduce chi osserva e chi non riesce a raccapezzarsi in un altro mondo che non per niente diventa tridimensionale. Il vero viaggio di fatto si è già compiuto e non ha portato che al nulla; ora, nella seconda parte, siamo nell’assenza del dato temporale. Il protagonista è di fronte ai propri sogni che sono per il regista ricordi dimenticati. Entrando in una sala cinematografica fatiscente, con gli spettatori che indossano gli occhiali 3D, Luo interpretato dall’ottimo Huang Jie trova la realtà nella dimensione dell’onirico.
Il piano sequenza libera film e trama
Il tempo sembra avvolgersi su se stesso e annullarsi, un orologio rotto viene donato al proprio fantasma sentimentale simbolo che riporta a quello vecchio da parete della prima parte che il padre del protagonista stava a fissare e che segnava sempre la stessa ora, le sette e cinquanta. Se nella parte iniziale del film le riprese avvengono sempre di lato, qui Bi Gan passa a uno splendido piano sequenza che invece di soffocare, apre, spezza il senso claustrofobico del nulla di fatto. Tutto avviene sfruttando il personaggio di un ragazzino che gioca a ping pong e che vive in una miniera da cui aiuterà Luo ad uscire e a compiere finalmente il proprio viaggio nel sogno riuscendo nel contempo a ipnotizzare chi è riuscito a sfidare le contraddizioni di un percorso fino ad allora salvato dalla forma più che dalla sostanza.
Il viaggio è pieno di rimandi da non dimenticare
Film da prendere più di istinto che di testa, Un Lungo Viaggio Nella Notte-il titolo originale cinese riporta invece al racconto Puttane Assassine, Ultimi Crepuscoli sulla Terra dell’immenso Roberto Bolano– è infarcito di rimandi pittorici e cinematografici che spaziano dal già citato Wong Kar-wai, aTarkovskij, il bicchiere che sobbalza sulla tavola al passaggio del treno sembra traslato direttamente da Stalker, allo stesso David Lynch, la maschera sul volto del ragazzo della miniera, fino ad altri autori orientali come il thailandese Phuttiphong Aroonpheng e il suo Manta Ray e a tanta pittura, dalle smoking girl del cinese He Sen alle nature morte di Luciano Ventrone. E soprattutto ha la straordinaria capacità, sempre per coloro i quali amano farsi travolgere, di proporci una riflessione sul cinema e non solo sulla memoria, riuscendo a far accadere ciò che non avviene, a imporci la menzogna dell’immagine in grado di vivere nel mondo altro racchiuso in uno schermo e nell’ipnagogico stato delle nostre coscienze.