Un Extrano Enemigo:è superlativa la prima serie e la seconda non delude

La realtà romanzesca si spoglia per diventare documento

C’È una serie importante che continuo a consigliare: è Un Extrano enemigo di Gabriel Ripstein giunta alla seconda stagione sulla piattaforma Prime, non tradotta, se non nei sottotitoli, in italiano. Come ho già accennato nella sezione dei film in breve- https://guidoschittone.com/ftm-film-fuori-tempo-massimo/– attraverso il personaggio dell’oscuro responsabile dei servizi segreti Fernando Barrientos, trasposizione cinematografica del reale Fernando Guitierrez Barrios, Ripstein i suoi cosceneggiatori penetrano nella storia recente del Messico partendo dal 1968, con la strage degli studenti dell’UNAM a Tlatelolco-almeno 300 i morti- per attraversare, nella seconda serie uscita in ottobre, gli Anni’70. Una terza, già prevista, porterà i protagonisti in stagioni più recenti. Si chiama fiction ma la costruzione romanzesca riesce, grazie a uno script perfetto, quasi a spogliarsi per diventare documento, prezioso nel fare luce sulle storture e le contraddizioni del paese centroamericano.

Il burattinaio del potere che vuole fare la storia

PER ARRIVARCI Ripstein punta il proprio obiettivo sulla vita di Barrientos: un uomo diviso tra l’ambizione di essere riconosciuto come un capo e contemporaneamente celato nell’ombra, perché è nel buio del potere che si agisce meglio. È individuo lucido, che stringe alleanze, le rompe, spinge chi può favorirlo, nella prima serie è colui che delinea la strategia vincente del futuro presidente della repubblica Luis Echeverría, ma che viene tradito dalla propria ansia di controllo e potere reale. Questa dicotomia scandisce entrambe le stagioni e non fa perdere agli spettatori nemmeno un secondo delle quattordici puntate, otto nella prima, sei nella seconda. Barrientos vive in continua altalena ansiogena. È machiavellico nella propria ingordigia ed è spesso sconfitto, lacerato negli affetti più profondi,a volte ingannato e sempre capace di inventarsi nuove strategie pur di mantenere ben saldi i fili del burattinaio. Perché controllare gli altri è dare senso alla propria tragica esistenza.

Daniel Giménez Cacho è un attore immenso

LA SERIE è anche un motivo per scoprire la grandezza– l’encomio ci sta tutto- di un attore straordinario: Daniel Giménez Cacho si carica sulle spalle il peso del personaggio di Barrientos. È interpretazione, la sua, a trecentosessanta gradi in cui preferisce far risaltare le contraddizioni, regalando scampoli di umanità in quel deserto morale in cui il suo Barrientos si muove. Accade nella prima stagione e soprattutto nella seconda, quando il dato storico si fa, solo in apparenza, romanzato e Un Extrano Enemigo diventa ancor più lo spietato ritratto e la crudele allegoria di uomini che determinano i destini della gente. Giménez Cacho, il suo curriculum parla per lui, pur essendo irriconoscibile per esigenze di scena riesce a non diventare maschera, a stare alla larga dalla tentazione di superare la misura. È un altro motivo che fa di Un Extrano Enemigo una serie superiore alla media, con un cast nella sua interezza e adesione alle reali figure dei protagonisti-c’è tutta la politica messicana del tempo- a dir poco perfetto.

Se fosse un film sarebbe da premiare

TROPPO SPESSO film che trattano di episodi storici vengono esaltati quando in realtà non sono altro che buoni prodotti, vedasi il recente Argentina1985https://guidoschittone.com/argentina-1985-la-storia-del-processo-alla-dittatura-trattato-seguendo-la-lezione-del-cinema-spettacolo/-dimenticandosi che alcune serie televisive, anche per la naturale dilatazione del tempo, possono essere migliori. Se fosse un film Un Extrano Enemigo sarebbe da premio. La prima stagione incide di più sull’evento storico, andando nel dettaglio della genesi della strage di Tlatelolco nei giorni che precedettero la cerimonia d’apertura dei Giochi Olimpici di Città del Messico. C’erano un presidente della Repubblica che stava concludendo il proprio mandato, Gustavo Diaz Ordaz, un ministro degli interni, Luis Echeverría che ambiva a quella poltrona, i moti studenteschi e la contemporanea esigenza di salvaguardare l’immagine internazionale del Messico. Nella seconda Ripstein e i suoi collaboratori mostrano come il potere politico, sempre con la regia di Barrientos e l’aiuto della Cia, abbia avuto un ruolo fondamentale nell’utilizzare la vendita di droga su scala internazionale per sanare profonde crisi economiche. Chissà cosa accadrà nella terza stagione. Non vediamo l’ora che venga realizzata.

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