The Sales Girl: percorsi di crescita esistenziale a Ulaanbaatar

Al Feff25 la Mongolia che non ti aspetti

THE SALES GIRL del regista mongolo Janchivdorj Sengedorj è un film presentato in anteprima italiana al Feff25 in grado di mettere d’accordo tutti quanti e di illuminare di nuova luce la Mongolia e la sua capitale Ulaanbaatar. Non siamo più nel territorio del pregevole Il Matrimonio di Tuya che anche se girato da un regista cinese, Quan’an, faceva a pezzi lo stereotipo della civiltà pastorale con una storia di sopruso fisico, sociale e intellettuale nei confronti di una donna. The Sales Girl è invece un film tutto metropolitano che ci permette di comprendere quanto, nella città in cui risiede l’80 per cento della popolazione mongola, la modernità stia compiendo il proprio percorso, creando contraddizioni, confronti con il passato, sbandamento sociale e disorientamento.

La studentessa e la ballerina sul viale del tramonto

C’È una studentessa di ingegneria nucleare che per guadagnare qualche soldo va a sostituire un’amica commessa in un sex shop della capitale.Dovrà ogni giorno portare l’incasso a casa della proprietaria. La conoscenza tra le due si trasformerà ben presto in un legame figlia-madre che consentirà ad entrambe di uscire dalla zona d’ombra in cui vivono: la ragazza a percorrere la strada che la porterà verso la consapevolezza delle proprie scelte; la donna, un’ex ballerina sul viale del tramonto, a prendere coscienza di un passato che non può ritornare. The Sales Girl è tutto giocato su questa inattesa armonia tra due solitudini che serve a Sengedorj per andare oltre il semplice racconto di formazione.

Il confronto tra il nuovo e il vecchio alla base del film

IL FINE del regista è di rifilettere su una nazione che a poco a poco sta cambiando, non riuscendo però ancora a fare i conti con la propria storia. Da un lato ci sono i giovani che sembrano supinamente accettare ciò che la famiglia ha deciso per loro. Dall’altro chi ha vissuto il regime sovietico e sogna mondi lontani e mai vissuti, come gli Anni’70 dei Pink Floyd, del blues di Etta James. Quel luminoso viaggio ideale che dona felicità e malinconia alla proprietaria del negozio. << Annusalo-dice alla ragazza porgendole la copertina di The Dark Side of The Moon- senti che odore avevano gli Anni’70>>. E la giovane, sorridendo stupita, le risponde che << Non so che odore avevano gli Anni’70>>. Perché per Sengedorj, la gioventù che avanza è ancora priva di punti di riferimento: avverte il pericolo di una globalizzazione non cercata-l’insoddisfazione del ragazzo della studentessa che non vuole finire come quelli che hanno la Toyota Prius-ma nel contempo vive l’impotenza del quotidiano, assistendo in silenzio alle nevrosi e ai tic di una società in evoluzione.

Perfetta l’alchimia tra le protagoniste

IL Do ut des tra le due protagoniste è gestito dall’autore mongolo in modo magistrale. I dialoghi sono brillanti, non sfiorano mai il banale, e tutto ciò che poteva virare verso la pruderia viene accennato con piccoli tocchi o attraverso l’ironia. Ampio l’uso della musica e improvvise le apparizioni di un gruppo rock locale a rafforzare la storia. Ed è perfetta l’alchimia che c’è tra le due attrici: la giovane, delicata, dolcissima che va verso la maturità, Bayarjagal Bayartsetseg al primo film da protagonista, e l’icona nazionale Oidovjamts Enkhtuul. Entrambe non sono mai monocordi, reggono registri drammatici e brillanti e sono molto credibili nelle rispettive parti. The Sales Girl poteva trasformarsi ben presto nel tradizionale film di formazione, in un nulla di nuovo come il mediocre Ma Nuit-Ma Nuit: poco esaltante la notte parigina di due ragazzi della generazione Z– e invece con grande sorpresa abbiamo scoperto che in Mongolia c’è qualcuno che sa andare oltre, coniugando la leggerezza con la profondità.

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