Tra mostri e la mostruosa bravura di Emma Stone
Sono due gli elementi caratterizzanti Povere Creature: la bravura di Emma Stone, sempre più padrona della propria versatilità, e la capacità da parte di Yorgos Lanthimos di andare oltre i film precedenti, unendo il grottesco all’ironico, l’uso dell’allegoria antropomorfa al sarcasmo attraverso la rilettura non solo dell’omonimo romanzo di Alasdair Gray da cui il fim è tratto ma di tutto un certo genere di film: l’espressionismo di Robert Wiene, la cupezza noir di Murnau, la gioiosa mostruosità dei Freaks di Tod Browning, il richiamo visionario a molte opere di Tim Burton. A differenza per esempio dell’algido, crudele, bellissimo La Favorita-il link nel blog La Favorita: quando il film in costume è un mezzo per esaltare il grottesco dell’illusione del potere– o dell’ipnotico The Lobster, l’autore greco qui preme l’acceleratore sulla leggerezza senza perdere di vista i tratti essenziali della sua produzione.Il merito va anche alla sceneggiatura di Tony McNamara, con Lanthimos al timone del già citato La Favorita. È la dimostrazione della personalità spiccata di un autore che della specificità-più importante ancora dell’originalità- fa il suo marchio di fabbrica. È Lanthimos punto e basta.
Quando la marionetta taglia i propri fili
C’è tanto Pinocchio nella prima parte di Povere Creature: la rielaborazione dell’umano creato dal dottor Godwin Baxter, lo sfigurato Willem Dafoe, è di fatto una trasposizione <<umanoide>> del burattino di Collodi. Nella favola più importante della narrativa italiana la figura di legno con un’anima acquisisce l’esperienza esistenziale cacciandosi nei guai in metaforiche avventure. Nel film Bella Baxter, una suicida resuscitata dal dottor God-dio ovvero il creatore-attraverso il trapianto del cervello del bimbo che aveva in grembo, va alla ricerca del mondo mossa dalla sete di conoscenza di sé stessa e di conseguenza degli altri. Lo fa sperimentando il piacere del sesso e del libero arbitrio. Bella Baxter è puro istinto originario in grado a poco a poco di trasformarsi, di prendere coscienza di ciò che la circonda e di diventare a tutti gli effetti colei che prenderà il posto di chi l’ha inventata. Non sarà più un esperimento scientifico. La trama di Povere Creature è infatti molto semplice e non è tanto il percorso di formazione che interessa Lanthimos quanto il mandare ancora una volta a quel paese qualsiasi tipo di convenzione. È un film che parla di libertà e emancipazione, di rispetto; le femministe potrebbero benissimo esporlo come manifesto . I burattini alla fine diventano gli uomini in un mondo in cui ognuno, a proprio modo, è mostro al di là delle apparenze, ovvero la tradizionale riflessione da sottotesto di Lanthimos.
Stone superlativa in un film visionario
Sostenere che un film sia bello è molto generico. Povere Creature è bellissimo, c’è poco da aggiungere. Bello nella propria estetica, nel suo modificarsi e trasformarsi senza soluzione di continuità, passando dalla cupezza del bianco-nero, dal pallore dei suoi protagonisti, a colori sgargianti a seconda delle situazioni. Bello per i costumi, per le acconciature, per il trucco, per la sua fotografia , splendido per la prova da prima della classe di Emma Stone, creatura artificiale che diventa creatore di umanità e distruttore di malvagità. È una donna con cervello da neonato in grado di accompagnare lo spettatore lungo il cammino verso la presa di coscienza. L’attrice americana lo fa con il mutamento continuo dello sguardo, della postura, della camminata, non calcando mai la propria interpretazione ma riempendola di ironia e sberleffi, riuscendo a stare alla larga dal rischio di diventare macchietistica. Se non ci saranno i tradizionali giochetti (insopportabili quelli politicamente corretti a cui l’Academy ormai ci sta abituando) l’Oscar per la migliore interpretazione femminile non dovrebbe sfuggirle. Nella memoria di Povere Creature resterà per esempio il suo balletto scatenato e disordinato con Mark Ruffalo, destinato ad avere la stessa valenza iconica di quello tra Thurman e Travolta in Pulp Fiction. Povere Creature è recitato benissimo anche da tutti gli altri: Ruffalo si diverte nel suo ruolo di piacione e di figura spregevole. Dafoe si carica sulle spalle la mostruosità estetica del dottor God…win Baxter, donandole dolcezza con misura da quell’attore importante che è. Yorgos Lanthimos, quindi, ha colto nel segno: Povere Creature è il suo film di maggior respiro capace di mettere tutti d’accordo, sia coloro i quali erano innamorati delle sue allegorie e discorsi introspettivi, sia quelli che proprio non riuscivano ad apprezzarne gli aspetti ironici e sarcastici. Leone d’Oro a Venezia 2023 più che meritato.