C’è un libro molto bello che sta girando per l’Italia, grazie anche a una buona e giusta promozione: è << 2666 >> di Roberto Bolano, lo scrittore cileno che si mise a scrivere tantissimo negli ultimi anni della propria vita perché ossessionato dal dover lasciare qualche rendita ai figli. Bolano era sudamericano, esule nel mondo, profondo conoscitore delle lettere, della storia, dei colleghi. << 2666 >> contiene al proprio interno tre microromanzi, meglio tre storie << circolari >> che si ricollegano tra loro secondo il punto di vista dei protagonisti, è originale, fantasioso e soprattutto ha una dote: l’ironia, costante, dello scrittore, il suo occhio mai banale, mai scontato, che si respira pagina dopo pagina. Quando scriveva questo trittico, gli altri due romanzi della serie usciranno sempre per Adelphi il prossimo autunno, Bolano sapeva della malattia, sapeva di non avere più possibilità. Lo si nota tra le righe, lo si capisce ed è proprio il sorriso beffardo nei confronti della morte a rendere questo libro un piccolo gioiello. Questo narratore così particolare – a volte lontano dagli stereotipi sudamericani, altre vicinissimo – è raffinato. Mette alla berlina il mondo degli intellettuali, delle loro dispute, della solitudine con una sensibilità molto rara. Cercando di comprendere la sua tecnica di scrittura mi sono accorto che sono in pochi a saper procedere nella trama senza mai attaccarsi allo scatto d’ira, alla violenza verbale, alla volgarità. C’è in Bolano, costante, una sorta di perdono, di simpatia per le azioni dei suoi burattini. << 2666 >> è un libro che conquista al primo colpo, per tutti, indicatissimo anche a chi ama lo scrivere, a chi pubblica e chi no. Potrebbe verificarsi il miracolo per alcuni di….cambiare e per sempre il proprio mestiere…..o la propria passione e riconoscere i propri limiti. Quasi che << 2666 >> si trasformasse nel libro definitivo.