Le meraviglie negli occhi

LUCI NELLA NOTTE si avvicinano a poco a poco all’obiettivo. Squarciano il buio attorno. Siamo di sicuro in un territorio altro, lontano dalla città, lontano da ciò che consideriamo popolato. Siamo in un’altra dimensione, lo capiamo da subito perché Alice Rohrwacher è un autore che bada al sodo, vuole già mostrare allo spettatore fin dalla prima scena dove accadrà la sua storia. E poco importa se sulle prime crediamo di avere sbagliato film o immaginiamo un beffardo errore del proiezionista che sembra riproporci pari pari lo splendido inizio della penultima opera di Nuri Bilge Ceylan, << C'era una volta in Anatolia >>. Invece siamo già dentro << Le Meraviglie >> grazie al quale la giovane regista italiana ha trionfato a Cannes vincendo il Gran Premio della giuria, il riconoscimento più rilevante dopo la Palma d’Oro, andata guarda caso al regista turco. È una terra, quella descritta da Rohrwacher, fatta apposta per cercare di realizzare un sogno e di impostare l’esistenza partendo da parametri antichi e più semplici. È il mondo tra Toscana, Umbria, dove un tempo risiedevano gli etruschi e dove oggi i casolari sono preda di chi cerca il relax o di qualcuno che invece vuole svoltare. Come la famiglia di Wolfgang, un tedesco un po’strampalato, che vive in una vecchia casa colonica che pare cadere a pezzi con la moglie italiana, un’amica della quale si sa poco, quattro figlie alle quali cerca di impartire le regole di un’esistenza in cui crede ciecamente. Fatta di duro lavoro quotidiano per gestire le arnie, ricavarne il miele da rivendere poi in qualche mercatino di fortuna. È il tentativo utopico e cocciuto di avere tutto sotto controllo. L’uomo che va verso la natura, cercando di diventare armonia con essa. Così Wolfgang dorme all’addiaccio su un materasso di fortuna, vive dei prodotti che coltiva, gestisce il lavoro della famiglia, assegnando ad ognuno i compiti. Soprattutto alla figlia maggiore, l’adolescente Gelsomina. Un’utopia che porta il genitore a non accorgersi dei tormenti della primogenita e Alice Rohrwacher a riprendere il discorso del suo film precedente, l’ottimo << Corpo Celeste >>– http://guido.sgwebitaly.it/articoli/corpi-fisici-e-celesti-nelle-terre-di-mezzo/- con il quale aveva debuttato con successo nella regia.

COME la ragazzina Marta, protagonista del film del 2011, anche Gelsomina subisce imposizioni.Là erano gli assurdi modi attraverso i quali l’istituzione religiosa cercava di convincere i giovani a seguirne il dogma; qua, al posto della Chiesa e della preparazione alla Cresima, c’è un genitore troppo occupato per vedere e soprattutto comprendere la differente ottica esistenziale della figlia. La loro relazione è di amore assoluto ma anche di incomunicabilità. Non si accorge Wolfgang di quanto grandi siano gli occhi di Gelsomina. Di quanto spazino alla ricerca di un mondo differente da quello che lui le propone, da quanta voglia di scoperta siano animati. La ragazza non vuole sfuggire alle crescenti responsabilità che le vengono assegnate dal genitore- è lei la primogenita, è lei il vero capofamiglia- ma avverte il bisogno di ritagliarsi un ruolo preciso nel mondo che vorrà affrontare. Ciò che non conosce è quello che è oltre il casolare nel quale vive e del lago in cui la famiglia va a bagnarsi una volta finito il compito della raccolta delle arnie. Per Gelsomina anche il semplice camminare su un sentiero che non conosce significa andare alla scoperta del proprio domani. Le << meraviglie >> di cui parla il film sono soltanto suggestioni << pagane >>; una canzone alla moda, un concorso televisivo di un’emittente regionale. Non dei fini ma dei mezzi che Gelsomina usa per sperimentare ciò che non sta vivendo nel mondo nel quale è costretta. Sarà solo l’arrivo di un estraneo all’interno della famiglia, un ragazzo da recuperare, che le permetterà di compiere la propria scelta e di essere finalmente accettata nel proprio cambiamento dal padre in un finale in cui ad ognuno verrà regalata l’armonia desiderata.

FILM suggestivo, sviluppato da Rohrwacher come se fosse una favola ripresa però con assoluto realismo, << Le Meraviglie >> non rinuncia mai a quel taglio ironico e spesso divertito che il regista aveva già mostrato in << Corpo Celeste >>. Ma l’ironia non perde mai di vista la riflessione profonda. Il ricorso un’altra volta ancora a una storia di adolescente fissa il cinema di Rohrwacher sulle fasi transitorie dell’esistenza. Il prima vissuto, preparatorio di un domani da affrontare con gli occhi di chi non giungerà impreparato al rinnovamento. I tormenti di Gelsomina, così simili a quelli di Marta, incidono pesantemente sulle sorti della famiglia. Ci vorrà un gesto eclatante per aprire gli occhi al genitore, per farsi accettare, per donare anche a Wolfgang una nuova ottica e un nuovo equilibrio. Il discorso dell’autore poggia sull’armonia esistenziale che non si volatilizza mediante le differenti visioni ma si esalta se alla base esiste la purezza. Così anche ne << Le Meraviglie >> non si avverte mai la figura paterna come negativa. Wolfgang, anche grazie alla bella interpretazione del belga Sam Louwyck è un innocente la cui colpa è quella di essere prigioniero di un sogno che gli impedisce di osservare con lucidità l’evoluzione della figlia. Lo squallore della televisione è mitigato dalla malinconica prestazione di Monica Bellucci, mai così efficace al cinema, mentre la famiglia è un piccolo esercito che cerca di aiutarsi e di sorreggere i tormenti di Maria Alexandra Lungu, una perfetta Gelsomina, punto di riferimento di ognuno. Il Grand Prix della giuria di Cannes è un premio però eccessivo. Accadde anche l’anno passato con l’insipido << A proposito di Davis >>: qua e là si avvertono echi di deja vu, di suggestioni forse recepite inconsciamente dall’autore. Non solo l’incipit alla Ceylan; qualche strizzatina d’occhio a << Reality >> di Matteo Garrone l’abbiamo notata nella descrizione dell’assurda volgarità televisiva così come per modo di ripresa e ambientazione Rohrwacher non sembra distante da alcuni rimandi al cinema, soprattutto << Il vento fa il suo giro >> di Giorgio Diritti. Piccoli appunti che non scalfiscono la forza di un regista giovane che ormai, come la sua protagonista, sta entrando nella maturità artistica senza perdere l’entusiasmo di chi ancora cerca di capire il mondo e i suoi segreti.

Condividi!