A Sun: un film meraviglioso da parte di un grande chef cinematografico: Chung Mong-hong

Una affascinante lezione di cinema

MALEDETTA l’epoca del covid che ha fatto anche morti virtuali e tra essi film importanti che non sono stati distribuiti e si sono perduti nei gironi dei tutti eguali e senza alcuna gerarchia qualitativa delle piattaforme streaming. Netflix ha avuto il merito di inserire A Sun-prodotto nel 2019- tra le sue proposte. Lo ha fatto molto tempo fa ma senza tributare a questa opera alcun tipo di spazio privilegiato, con il risultato che se non fosse stato per un amico anche io l’avrei perduto. Perché siamo in presenza di uno tra i migliori film degli ultimi anni ed è un delitto che ancora oggi non ne esista una versione italiana da proiettare in sala. Un’occasione perduta per avvicinare il grande pubblico alla cinematografia del far east asiatico, qui siamo nella Taiwan di Hou Hsiao-hsien per intenderci, e per godere dell’arte di mostrare per immagini e contenuto una storia che farebbe la felicità di ogni scrittore.

La ricetta vincente tra mélo e noir

Chung Mong-hong quasi sia un novello Wong kar-wai riesce nell’impresa di amalgare in modo armonico e senza alcuna incertezza due capisaldi dei generi narrativi: il mélo e il noir. Da una parte la storia di una famiglia in cui il non detto tra padri e figli porta a disgrazie ed anche ad amore totale, dall’altra l’uso della tensione per creare i colpi di scena. In questo modo A Sun non viene mai vissuto come film pesante nonostante le oltre due ore e mezza della sua durata ma tiene lo spettatore incollato allo schermo-purtroppo un monitor- a seguire un’infinità di vicende che coinvolgono genitori e figli della famiglia dell’istruttore di guida Wen, per il quale l’esistenza si basa sullo slogan << cogli l’attimo>>. Ma questa sovrastruttura mentale verrà spazzata via, devastata da avvenimenti tragici, suicidi, violenze, ricatti, prese di coscienza e resurrezione. È un lungo cammino quello che ci propone Chung Mong-hong; un’immersione nell’intimo dei tanti personaggi che affollano il racconto. Schiavi delle proprie prigioni mentali, vittime dei piccoli accadimenti del passato che modificano il destino, portandolo laddove non era programmato.

La famiglia come unica salvezza

IN TUTTO questo contesto Chung Mong-hong ci parla d’amore senza l’ausilio di giovani poeti sentimentali. Lo fa in modo profondo mai grossolano. I suoi antieroi si mettono a nudo a poco a poco. Abbattono il passato, rielaborano i lutti. Ed è la famiglia il luogo deputato per fare chiarezza, un po’come accadeva nei film dell’immenso Yasujirō Ozu. Il taiwanese Chung, infatti, affronta i legami in modo differente dal giapponese Kore’eda. Se in quest’ultimo la disgregazione del nucleo tradizionale porta a forme alternative di unione, nel regista di A Sun è la forza dei genitori a ricostituire un’armonia non artificiale. Accadrà attraverso un atto estremo ma necessario e mediante il riconoscimento delle rispettive responsabilità individuali da parte di ognuno. D’altronde il mondo immortalato da Chung non è dissimile da quello descritto da altri autori asiatici. Taipei ricorda la Cina di quell’altro capolavoro che è Better Days-https://guidoschittone.com/better-days-tra-melo-e-indagine-sociale-derek-tsang-filma-unopera-molto-solida-e-coinvolgente/– con il bullismo che scandisce le vite delle giovani generazioni, l’ansia di denaro, il sopruso come forma di fallace sopravvivenza. Solo che al contrario di Derek Tsang, Chung Mong-hong ci mostra una società in cui l’unica speranza è il ritorno alle origini del concetto di famiglia. Per questo A Sun è film ottimistico.

La bellezza della forma

La bellezza esteriore e non solo di contenuto è l’altra grande qualità di A Sun. Sulle prime ti sembra di essere entrato in un altro film, mettiamo il Bad Guy di Kim Ki-duk o il Fallen Angels di Wong Kar-wai. C’è una mano mozzata che galleggia in un pentolone, ci sono colori accesi, poi si vira verso la luce del giorno e i contrasti proseguono tra colori notturni e riflessi, persino disegni animati per spiegare un’antica leggenda e improvvise oasi verdi tra i grattacieli di Taipei. Chung Mong-hong non lascia nulla sulla strada del racconto. L’assoluta aderenza tra ciò che mostra e ciò che narra fa del suo film un gioiello anche perché i suoi interpreti sono perfetti, aderenti alla parte. A Sun poteva correre il rischio di trasformarsi in un minestrone da romanzo d’appendice: amore, morte, risate, violenza, dolcezza, carcere, fughe, ricatti, ritorni, incomprensioni. Un patchwork cinematografico di modelli estetici e di scrittura. Invece è quasi un capolavoro. Da non perdere e riportare alla luce.Non solo in streaming.

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