Nolan diventa intelligibile con la materia più complessa
Christopher Nolan è un genio e anche lui ne è ben conscio. È per questo che la sua intera produzione, sebbene di grande successo critico e di pubblico, porta sempre a letture da parte di chi osserva che vanno oltre il dato di fatto. Nolan è persona di cultura variegata. Il suo approccio potrebbe essere definito umanistico, contenendo al proprio interno sia la riflessione storico-letteraria sia quella filosofica-scientifica. Per questa ragione le sue opere vanno oltre ciò che viene mostrato sullo schermo. A volte impongono una preparazione individuale senza cui non si riesce a cogliere l’interezza delle sue riflessioni. In Oppenheimer questo non accade. Ed è una delle ragioni dell’affermazione su larga scala di un film che è bellissimo nella sua estetica, abbordabile senza inutili complicazioni, recitato alla grande non solo da Cillian Murphy che è un perfetto Oppenheimer. Un vero e proprio film da Oscar, in grado di mettere d’accordo tutti quanti.
Un’invidiabile armonia tra piani temporali
La gestione dei piani temporali è un’altra caratteristica dell’intera opera di Nolan nel corso degli anni. In Oppenheimer ne troviamo tre che si uniscono, si separano, si legano in armonia e con ritmo e che sono caratterizzati dall’uso del colore e del bianco e nero, a seconda degli anni in cui si svolgono. C’è la cronologia degli studi del fisico americano che culmineranno nella realizzazione della bomba atomica , l’udienza pilotata dall’alto per revocargli nel 1954 il nulla osta sicurezza, e il procedimento di conferma del segretario al commercio Usa Lewis Strauss, interpretato dal sempre più bravo Robert Downey junior, del 1959. Nolan trae spunto dalla corposa biografia di Oppenheimer scritta da Kai Bird e Martin J Sherwin “American Prometeus, the triumph and the tragedy of J.Robert Oppenheimer”, tradendola al punto giusto e sorvolando sugli aspetti più complessi del personaggio che nel film vengono solo accennati. Questa sorta di abbandono della complicazione intellettuale permette all’opera di fluire pimpante senza perdere profondità.
Creazione e inconsapevole distruzione
Oppenheimer di Nolan è un uomo dai differenti volti. Ambizioso in nome della scienza, del risultato da raggiungere, crudele con i suoi insegnanti e con i colleghi. Un uomo che riesce a trovare la propria dimensione privata solo nel momento dello studio e della sperimentazione. Tutto questo si sgretola nel momento in cui si accorge di avere generato un mostro in grado di cancellare l’umanità dal pianeta terra. Da protagonista, Oppenheimer diventa la prima vittima del dubbio etico, lo spettatore impotente di Hiroshima e Nagasaki. Il suo non è il travaglio dello scienziato. Nolan decodifica il ruolo del fisico nucleare, lo rende personaggio da tragedia, divorato dai propri punti interrogativi, dalla presa in carico di una drammatica responsabilità che da indiretta diventa diretta. In questo modo il regista si riappropria di temi a lui consueti, gli stessi che spesso determinavano le opere precedenti. Perché, sottilmente, è proprio Christopher Nolan a condurre il gioco. È lui che plasma il personaggio a proprio piacimento ed è attraverso l’esplosione cronologica di eventi, con la creazione di frammenti temporali che raggiunge lo scopo. Perché il fine ultimo di Nolan non è rileggere l’individuo Oppenheimer bensi il destino dell’umanità intera, il senso della storia: l’uomo capace con il proprio genio di creare consapevolmente e di distruggere inconsapevolmente.
Un discorso antico sotto forma di grande cinema
La riflessione dell’autore inglese non è nuova; narrativa e cinema ne sono pieni. È la maestria con cui Nolan procede a rendere questo Oppenheimer un film di caratura. Perché grazie ad essa riesce a creare un congegno narrativo semplicissimo da seguire ma complesso da realizzare. Tutto confluisce in un corpo unico che si chiama film. È un gioco ad incastro in cui sappiamo già cosa accadrà. Non ci stupiremo dell’indagine maccartista sul passato di presunto simpatizzante comunista dell’antieroe Oppenheimer così come della doppiezza del segretario Strauss. Piuttosto sarà il misterioso confronto con Einstein, quel brevissimo interludio che caratterizza pochi minuti-all’inizio e alla fine del film-, a costituire una sorta di fil rouge misterioso che si cela come un punto interrogativo per tutti i 180 minuti. Il film è una esplosione di cinema e della sua storia. Un sogno o un incubo ad occhi aperti, come quella immensa palla di fuoco che tutto illumina e acceca portando con se frammenti e particelle di ciò che un tempo era vita.