You’ve got a friend: continua l’ironico viaggio di Rûichi Hiroki nelle perversioni giapponesi

Il masochismo per elaborare le perdite

<< Ricordo che qualcuno ha detto che se per un masochista la punizione è un piacere, allora non essere puniti è il castigo peggiore>>. È la frase dell’incipit, recitata fuori campo di fronte all’immagine di un uomo legato e imbavagliato in procinto di annegare, dell’interessante You’ve got a friend, il film più recente del giapponese Rûichi Hiroki presentato al Feff25. Non c’è da stupirsi:da sempre l’autore nipponico è uno specialista nel penetrare nelle ossessive perversioni di una nazione che lasciano sempre stupiti gli osservatori occidentali. Ma questo è il Giappone più autentico, un continente a parte in cui i modi, gli usi e i costumi spesso non sono omologabili con altre culture. Perché ciò che da noi appare vietato o morboso, là è invece parte di una tradizione che sa di cerimoniali antichi. Non per niente la società nipponica inizia ad andare in crisi nel momento in cui lo scambio culturale e la relativa importazione di modelli occidentali ne mina alcune fondamenta. Hiroki è un cantore di queste contraddizioni. Lo ha fatto in tutta la sua produzione precedente, vedasi Tokyo Hotel, e prosegue senza soluzione di continuità sulla stessa strada. You’ve got a friend ne è solo l’ultimo esempio.

Una storia che racchiude un’indagine antropologica

A dispetto della locandina e di ciò che viene mostrato sullo schermo You’ve got a friend è tutto fuorchè un film basato su pruderie. Piuttosto siamo nel territorio dell’introspezione e del ritratto antropologico sotto forma di racconto amoroso. Il film infatti a poco a poco si trasforma: dalla apparente cupezza iniziale vira verso la favola, con una delle storie più semplici al mondo. Ed è forse questo progressivo rilassamento a delimitare e purtroppo alleggerire una sceneggiatura che dalla sorpresa iniziale si appiattisce per giungere a una fin troppo semplice soluzione conclusiva, capace di strizzare l’occhio al pubblico. Di questo più che il regista è responsabile il manga di Naoki Yamamoto da cui il film prende le mosse.

Farsi punire per un abbandono

L’IMPIEGATO Yoshio è stato abbandonato dalla propria mistress. È una perdita equivalente a un lutto. Per questa ragione frequenta un club di sadomasochisti in cui incontra Miho, scegliendola come nuova padrona. Ma la ragazza svolge il mestiere senza alcuna complicazione psicologica. È un lavoro come un altro che le serve per sbarcare il lunario. Diverso l’approccio di Yoshio: l’uomo cerca di elaborare quell’abbandono, facendosi punire ogni giorno sempre di più. Il flagello per espiare colpe non sue. La sua è impotenza esistenziale come quella della madre, una donna che dalla morte del marito non si è più alzata dal letto ma che osserva tutto e giudica attraverso lo sguardo.

Una sublimazione al contrario

Rûichi Hiroki analizza il comportamento del masochista con una sublimazione al contrario: per comprendere il senso della vita il suo protagonista ha bisogno di avvicinarsi sempre più alla morte. Il non essere puniti come castigo peggiore dell’incipit potrà essere estirpato solo arrivando all’estremo. È una tematica tutta giapponese contro cui si oppone l’unica forza in grado di cambiare lo scenario: l’amicizia che si trasforma in amore. Ma per avere la consapevolezza di questo il giovane impiegato Yoshio dovrà confrontarsi con il proprio fantasma. La forza di You’ve got a friend risiede nella cura delle immagini, nella delicatezza con cui Hiroki mostra la liturgia masochistica, usando molto spesso l’arma dell’ironia per alleggerire la tematica. L’autore centra in modo brillante anche i risvolti psicologici dei due protagonisti principali, Jun Murakami-già visto in Tokyo Hotel– e la convincente Nahana nella parte della giovane mistress ma non riesce a rafforzare un finale posticcio che alla fine fa perdere al film parte della propria energia. Così quell’equilibrio tra indagine antropologica e storia d’amore così tanto faticosamente cercato viene meno, inficiando parte delle potenzialità dell’opera.

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