Tutti lo sanno: Farhadi più di mestiere che di ispirazione

TUTTI LO SANNO, anche troppi aggiungiamo noi. Perché il vero e reale problema dell’omonimo, nuovo, film del gran maestro iraniano-il rilievo non è ironico-Asghar Farhadi risiede in una sceneggiatura scoperta che spezza l’alone di mistero e la tensione propria delle precedenti opere di uno degli autori più importanti della scena contemporanea. Non credo, come ha sottolineato qualcuno, che dipenda dal fatto di aver girato Tutti Lo Sanno fuori dai confini patri. Era già accaduto con ben altri risultati con lo splendido Il Passato e non penso nemmeno che nella nuova opera abbiano influito l’ambientazione spagnola e gli interpreti di lingua latina. È proprio una questione di scrittura filmica a tarpare le ali a Farhadi che mantiene integri i capisaldi del proprio cinema ma li evolve in modo semplicistico, privando lo spettatore di quell’ansia e di quelle riflessioni proprie di tutta la cinematografia del due volte vincitore dell’Oscar per il miglior film straniero.

ANCHE in Tutti Lo Sanno esiste il punto di partenza casuale che va a minare le relazioni interpersonali di un nucleo familiare. C’è una ragazzina che viene misteriosamente sequestrata e da quel momento è un tutti contro tutti. Vengono alla luce le ruggini del passato, i fatti e misfatti di ognuno, la fiducia riposta nel gruppo allargato di mogli, mariti, cognati, ex amanti e piccolo paese stesso va a farsi benedire in un crescendo di schiamazzi, accuse e indagini fai da te. Siamo in un territorio di mezzo tra il già citato Il Passato e il più recente Il Cliente, perché i temi cari a Farhadi sono lì in bella vista fin dalle prime scene. Il guaio è che il film decolla in modo stupefacente e pirotecnico poi procede a una quota non sufficiente per evitare turbolenze. Sulla pista di rullaggio assistiamo alla parte migliore di Tutti Lo Sanno: strepitose immagini iniziali, chiara e pimpante caratterizzazione di coloro i quali saranno i protagonisti, una serie di scene corali che sembrano traslate dal miglior Altman o che ci fanno ricordare lo splendido ballo che Jonathan Demme girò in Rachel Getting Married. Poi tutto diventa buio anche metaforicamente: un temporale scarica sulla grande festa matrimoniale oltre acqua e fulmini l’accadimento che la sceneggiatura dovrà seguire e, come d’incanto, l’atmosfera della platea si raffredda, soprattutto in chi vede Farhadi come un regista valore a cui tendere. La maestosità di Tutti Lo Sanno si conclude ben presto e il susseguirsi dei fatti ci consegnerà un’opera indubbiamente piacevole, montata in modo divino-sia chiaro che se tutti i brutti i film fossero come questo ci faremmo imprigionare dentro un cinema- ma non all’altezza dei titoli che l’hanno preceduta.

IL RESTO è un patchwork d’autore in cui convergono differenti suggestioni, dove Farhadi si diverte echeggiando l’antico gioco di chi sarà il colpevole, spargendo indizi una volta sull’uno e la seconda su un altro ma eliminando di fatto il fascino oppressivo che da tradizione i suoi personaggi si portano appresso: il peso del passato, il limbo tra il non vero e il vero, le maschere che celano gli individui, in Tutti Lo Sanno subito spogliati, quindi ridotti a essere schematici, elementari, prevedibili. Qui il gioco, scoperto, funziona a metà come se deliberatamente il regista iraniano abbia voluto virare su una strada meno profonda, asfaltata dal mestiere-e che mestiere aggiungiamo- ma realizzata con un’ispirazione più debole. Questo non significa che vada cestinato o non visto. Il film sta andando benissimo al botteghino internazionale; Javier Bardem, Ricardo Darin, Penelope Cruz e gli altri del cast sono diligenti nel seguire le direttive del regista, comprendendo l’esigenza di far parte di un gruppo e di mettere da parte l’insidia dell’egocentrismo. Tutti Lo Sanno si conclude, per ironia della sorte, con un finale maestoso. Assieme alla prima mezz’ora è la sua parte più bella. Dove la mano di un maestro di cinema qual è Farhadi crea lo stacco qualitativo che ci saremmo attesi anche nella totalità dell’opera. Segno che non è andata perduta. Basta questo per accontentarsi.

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