Le Benevole e la questione morale

556_lebenevole_1191240789.jpgSu << Le Benevole >> di Jonathan Littell si è fatto dal giorno della sua uscita un gran parlare. Chi si è abbandonato a critiche entusiastiche, chi ha giudicato eccessiva la lunghezza del romanzo, 943 pagine, chi ha storto il naso per motivi di coscienza o per invidia. Sgombriamo subito il campo dagli equivoci: sono un lettore che non apprezza in genere i libri troppo lunghi. Preferisco lo scrittore che procede per sottrazione, che non si perde in inutili descrizioni, in fatti secondari, che arriva subito al dunque. Ebbene non c’è una sola pagina del romanzo da buttare. I 943 fogli dell’edizione italiana si leggono con piacere e spesso viene la voglia di sottolineare pensieri, riflessioni e persino la tecnica di Littell, capace di passare dal pubblico al privato con la sapienza del veterano. E’questo il primo punto a favore dello scrittore americano che scrive in francese. Secondo: Littell descrive gli orrori del nazismo dall’ottica di un nazista. Compie una ricerca esegetica certosina sugli usi e costumi di Wermacht e SS, sulla campagna di Russia, sugli orrori dei campi di concentramento. Uno studio che impressiona, per la dovizia dei particolari, per i dati  che offre al lettore per spiegare persino fenomeni di questi giorni, vedasi le lunghe chiacchierate tra l’io narrante Aue e il linguista Voss sulle origini delle varie popolazioni delle regioni caucasiche e sui loro rapporti con l’impero sovietico. Littell lo fa con una padronanza che non è mai fine a sé stessa. Non impone al lettore la bravura, non lo istruisce ma lo documenta con l’arte della narrazione. Evitando di salire in cattedra. Terzo: Littell parla del nazismo usandolo come grimaldello, come allegoria del male. Dimostrandoci come il singolo può cadere nell’orrore, cercare di sfuggire a esso e diventarne allo stesso tempo protagonista. Il suo è un viaggio dentro la notte di ognuno di noi, molto scomodo, molto impervio, scivoloso. Basterebbe un nonnulla per indurre il lettore a provare simpatia, a parteggiare per il burocrate, ossessionato dall’adolescenza incestuosa con la sorella, che si abbandona a fugaci incontri omosessuali per provare ciò che lei stessa provava per lui in quei momenti. Questo non accade: la resistibile ascesa del giovane ufficiale Aue ai vertici della SS ci pone solo una domanda, molto precisa, molto scomoda. Come ci saremmo comportati noi in quei frangenti, costretti a essere dall’altra parte della barricata? In periodi in cui l’ucronia editoriale ….impazza, in cui molti scrittori fanno a gara nel leggere il passato o stravolgerlo per spiegare il presente, Littell prende un’altra direzione: ci pone la questione morale, ci mette tutti quanti di fronte allo specchio, ci dice di guardarci, ci chiede cosa resta di Kant quando si scende nel gorgo della storia. Lo scorso autunno, alla pubblicazione italiana per i titoli di Einaudi, << Le Benevole >> suscitò scalpore, profonde divisioni, credo anche parecchia invidia da parte di chi non ha voluto ricoscere al libro la forza, strepitosa, implacabile, di uno dei più importanti romanzi degli ultimi anni.

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