La vera luce di Roubaix è il film che la descrive

Arnaud Desplechin come un drone sulla sua città

Arnaud Desplechin volteggia come un drone sulla città spettrale. Ci offre una notte di Natale riempendo Roubaix di fumo e fuoco, risse tra disperati, mentitori seriali, poliziotti volenterosi. Roubaix, una luce nell’ombra, è un film che avvolge fin dalle prime immagini e che inquadra alla perfezione la decadenza di una delle capitali economiche francesi di un tempo, travolta dai cambiamenti geopolitici, dalla deindustrializzazione. Una città di confine, popolata da gente in bilico tra miseria e delinquenza, stati di necessità e assenza di speranza. Il simbolo della depressione del grande nord e per certi versi del fallimento del multiculturalismo francese.

Daoud, la vera luce del proprio mondo

La luce, la Lumiére di cui parla il titolo è il volto, scavato dall’obbligo di restare in equilibrio e in saggezza del commissario capo Daoud, l’eccezionale Roschdy Zem, anche lui prodotto di quella società vittima della disillusione. Così il film non prende mai la strada, scontata, del poliziotto buono contro i delinquenti né di una stucchevole sequela di atti compassionevoli o violenti. La realtà che l’autore francese propone è un’altra: Daoud si trova semplicemente su un fronte diverso dello stesso terreno ed è per questo che conosce tutti e tutti lo conoscono e lo rispettano. È uno di loro che fa un altro mestiere. Commissario di una città al margine, egli stesso figlio dell’immigrazione, abbandonato dalla famiglia, equo osservatore di ciò che accade a sé stesso e agli altri, mai schiavo del preconcetto o dell’ansia di giudizio.

Un film sempre in perfetto equilibrio

Roubaix, una luce nell’ombra è un po’come il suo protagonista: un film in perfetto equilibrio tra il dato oggettivo- l’intuizione soggettistica nasce da un docufilm sulla vita dei poliziotti di Roubaix- e l’amore smisurato che Desplechin nutre per la città natale che in Daoud ha la propria proiezione fisica e mentale. Così questo commissario che pare uscito da un libro di Simenon, scevro però di coivolgimento sentimentale o erotico con i potenziali rei, diventa esploratore d’anime. Non è importante ciò che è avvenuto nel fatto delittuoso quanto l’aspetto psicologico di chi l’ha messo in atto. Così il film dopo una prima parte quasi cronachistica- ma guai a fermarsi all’apparenza- cambia, focalizzandosi sull’interrogatorio di due ragazze marginali, etiliste, drogate protagoniste di una rapina da niente e per niente finita male.

L’interrogatorio è magistrale

È un interrogatorio magistrale. Estenuante. Infinito. Un gioco di specchi tra le ragioni della polizia e le versioni delle ragazze, dove il puzzle delle responsabilità viene montato e smontato senza soluzione di continuità. Non è infatti il conoscere con l’esattezza ciò che è accaduto che interessa a Desplechin attravverso il proprio alter ego Daoud quanto l’affiorare di ciò che lega le due donne, la relazione morbosa tra chi domina e chi è sottoposto, il progressivo cambiamento delle personalità, l’acquisizione di forza da parte di chi sembra debole e di perdita di certezza di chi si sentiva più forte. Anche questo molto vicino alla descrizione dell’universo femminile da parte di Simenon-penso ad esempio al mirabile Marie La Strabica– ma che va a inserirsi nel contesto desolante di una città che non sembra essere in grado di uscire dai propri incubi e che ha bisogno di mettersi in scena e di inventarsi una realtà come accadrà verso la conclusione dell’opera.

Il noir perfetto medium per descrivere il contesto

Roubaix, una luce nell’ombra sfrutta in modo meraviglioso il grimaldello del noir per parlare della Francia meno conosciuta. Nella città di Desplechin non c’è alcun contrasto tra banlieu e la ville borghese: Roubaix diventa luogo fisico specchio di una rassegnazione da cui in pochi riescono a sfuggire. Lo sa il commissario Daoud e per questo è capace di indicare a chi sa ascoltare un altro percorso; è ciò che non riesce a comprendere il tenente alle prime armi, Antoine Reinartz ,che annota nel diario i suoi dilemmi e che si ferma inizialmente all’apparenza per poi farsi condurre per mano da Daoud verso un altro punto di vista.

Assieme a Roschdy Zem spicca Sara Forestier

Il film, osannato e contestato, vive di grandi interpretazioni. Roshdy Zem per il suo Daoud si è guadagnato il premio César 2020 per il miglior attore protagonista. Attorno al suo volto gira tutta l’opera di Desplechin in cui spiccano per bravura Léa Seydoux e soprattutto Sara Forestier, rivelazione di quel piccolo capolavoro che è La Schivata– una mia antica quanto brevissima annotazione sul film di Kechiche si trova all’indirizzo https://guidoschittone.com/la-schivata-marivaux-nella-banlieu/ – ragazza bloccata dall’amore per la compagna e da un pregresso esistenziale di sconfitte e passività. Passato per breve tempo nelle sale cinematografiche nell’autunno del 2020, Roubaix, una luce nell’ombra è disponibile sulla piattaforma di Amazon Prime. Ed è un film da non perdere, per grazia, intelligenza, profondità dei suoi contenuti.

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