Hard Candy, magnifica inquietudine

b182b0828170806a2d7d1cb0c94e6ca0.jpg << Hard Candy >> è un film mai proiettato nelle sale italiane, giunto lo scorso mese in dvd sull’onda del successo ottenuto da Ellen Page con << Juno >>. Prodotto nel 2005, diretto da David Slade, sceneggiato dall’autore teatrale Brian Nelson, è l’altro volto di << Funny Games >>, ovvero un’opera in grado di lasciare senza fiato lo spettatore per oltre un’ora senza che questi assisti a un solo grand guignol. Ellen Page e Patrick Wilson sono rispettivamente una quattordicenne e un fotografo che si conoscono chattando.Ma questo è solo il prologo: non c’è alcuna trasposizione di Cappuccetto Rosso nella trama, c’è il ribaltamento dei ruoli, l’angelo della vendetta contro il pedofilo celato nei buchi neri dell’anima in un crescendo di tensione e di crudeltà mentali che non vanno citate per rispetto a un plot originale, fantasioso, intelligente. Vittima e carnefice si scambiano i ruoli in continuazione, la sceneggiatura è molto furba nel far pendere la simpatia di chi osserva verso il presunto innocente. Il merito di David Slade è quello di mostrarci un corpo a corpo continuato senza mai oltrepassare il limite dell’immagine, senza avventurarsi nel gratuito. Slade gira per capitoli, la sequenza temporale è assicurata da una tela rossa che spezza le scene, lasciando un’aria sospesa, una serie di interrogativi fino alla chiusura definitiva del cerchio. Il suo è un modo di riprendere e montare maturo e raffinato. La macchina da presa dispensa primi piani dei volti a volte spiritati, altre sofferenti, altre ancora indecifrabili di Page e Wilson, verso i quali è necessario togliersi tanto di cappello per l’intensità e la misura della loro interpretazione. << Hard Candy >> prende spunto da un autentico episodio accaduto anni fa in Giappone. Anche senza saperlo si riesce ad avvertirlo nella perversione della vendetta, nella lenta presa di coscienza della propria pedofilia da parte di Patrick Wilson, nell’agitata lucidità di Ellen Page, quasi siano entrambi all’interno di una scena di Shinya Tsukamoto. Come in << Funny Games >> gli oggetti assumono un significato preciso e Slade è degno di grandi autori nel seguirli, evidenziarli, renderli meno algidi. Non so quali siano state le ragioni per non distribuirlo in Italia: di sicuro non è un film comodo, ci parla di vendetta operata da parte di una minorenne altrettanto << mostruosa >> del proprio prigioniero. Una bambina travestita da adulto, da genitore, senza più innocenza alle spalle e davanti a sé. Un’adolescente che non conosce il perdono ma che ha il coraggio, l’etica morale di mettersi sullo stesso piano di chi l’innocenza la rapisce e l’accartoccia. Il finale senza parole è bellissimo: Ellen Page non potrà mai più essere giovane. Slade proviene dal mondo del videoclip: ha girato video per gli Stone Temple Pilot, gli Apex Twin ed altri ancora. Ha trentanove anni ed è inglese. Dalla sua terra ha imparato molto bene cosa significa la messa in scena ma mi dà l’impressione di conoscere i segreti della letteratura << classica >> e del più importante autore letterario giapponese del XX secolo: Yukio Mishima, del quale credo abbia letto e ben digerito << Il sapore della gloria >> che con << Hard Candy >> c’entra ben poco ma che ha la stessa intensità << mostruosa >> di quando gli insospettabili innocenti si trasformano nei carnefici dei loro padri.

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