Yuni: il profondo e delicato racconto sull’impossibilità di emancipazione

Dall’Indonesia al Far East Film Festival passando per quello di Roma

YUNI è ossessionata dal colore viola. Ha diciassette anni ed è tra le migliori studentesse della sua classe liceale. Potrebbe persino guadagnare una borsa di studio per iscriversi all’università se solo migliorasse lo studio della letteratura e della poesia. È anche molto bella e ha un carattere forte perché essendo di fatto senza genitori, che lavorano a Jakarta, convive con una nonna tradizionalista. Yuni è anche l’oggetto del desiderio di molti ragazzi e uomini della comunità in cui vive. Ed è attratta dall’insegnante di lettere. Yuni è soprattutto un film bello e importante che è stato già visto al festival di Toronto e Roma del 2021 e che, dopo essere stato selezionato dall’Indonesia per gli Oscar 2022, è fuori concorso al Feff24, il Far East Film Festival di Udine. Diretto dalla figlia d’arte Kamila Andini, potrebbe essere interpretato come film femminista. Ma sarebbe riduttivo. È un’opera sì al femminile in grado però di abbracciare questioni che vanno al di là del discorso di genere.

Dentro la gabbia sociale, prigione fatta da tradizione e islamismo

L’INDONESIA come contraddizione e simbolo di molti paesi del far east asiatico: da un lato il progresso economico fatto di modernizzazione, dall’altro la vita reale in cui la comunicazione attraverso internet e i cellulari si inserisce nelle rigide regole di un islamismo fuori dal tempo. Le scuole tentano di controllare la verginità delle ragazze, di frustrarne il futuro rendendo loro difficile qualsiasi evoluzione nel percorso di studi. La tradizione patriarcale impone matrimoni combinati e guai se si rifiutano per due volte. Si rischia di entrare nel girone infernale della superstizione che diventa norma consuetudinaria di una società in cui anche un gesto sbagliato, come sedersi da ragazza sulla porta d’ingresso della casa, può comportare nefaste conseguenze sul futuro. In questo contesto Yuni cerca di trovare la propria luce e di affermare la personalità. Rispetto alle sue amiche non accetta supinamente la situazione. Non è una ribelle ma una ragazza che vuole comprendere.

Garbo e regia controllata donano forza a un’opera equilibrata

CI SAREBBERO tutti gli ingredienti per procedere con una sceneggiatura e una regia propria dei film di denuncia. Il merito di Kamila Andini risiede nel non intraprendere questo percorso. La regista opta con i piccoli tocchi, privilegiando lo sguardo e i tormentati silenzi della protagonista, un’eccezionale e bellissima Arawinda Kirana. È il pudore il leit motiv estetico di Yuni. Anche in quelle che potrebbero essere scene più forti Andini preferisce indugiare con l’uso del colore, con ombre e penombre. Questa delicatezza di rappresentazione porta il film a crescere in modo costante e soprattutto coerente fino alla propria conclusione, donando un’ empatia assoluta con gli spettatori. La denuncia quindi diventa molto più forte di qualsiasi altro contenuto a tesi precostituite, da cui Andini sta alla larga con molto acume. È un equilibrio che non si interrompe nemmeno con le storie sentimentali che vengono inserite o con la parte più debole e scontata-perché non tutto è perfetto- che riguarda le fughe in città della ragazza. Perché la riflessione della regista abbraccia anche altro, l’ottica maschile e l’impossibilità sentimentale nell’Indonesia rurale del XX1 secolo.

Un finale simbolico degna conclusione di un piccolo gioiello

LA PIOGGIA e l’elemento liquido, assieme alla simbologia del colore viola, caratterizzano tutto il film. Il finale è simbolico; forse non nuovo soprattutto per la cinematografia orientale ma efficace per esaltare il senso di impotenza dell’individuo al cospetto delle devastanti contraddizioni che determinano l’esistenza quotidiana in molte nazioni di quel continente. Yuni ha anche il merito di essere recitato con enorme garbo da tutti i suoi principali protagonisti e non solo dalla espressiva e perfetta Arawinda Kirana. Il suo alter ego maschile, Kevin Ardilova, non è da meno in un film forse perfettibile in alcuni punti ma che coglie nel segno. Un piccolo gioiello che bene ha fatto il Feff24 a inserire fuori concorso. Anche questo è visibile sulla piattaforma dedicata nel portale mymovies.

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