Bello il fondino di Marco Lodoli su Guillermo Arriaga apparso la scorsa settimana sull’Almanacco dei libri di La Repubblica. Interessante perché lo scrittore romano – autore di un memorabile libro di racconti << Il grande raccordo >> – gioca con il destino di Arriaga, un intellettuale che voleva diventare grande scrittore e invece è conosciuto come sublime sceneggiatore cinematografico, da << Amores Perros >> a << 21 grammi >>, da << Babel >> fino all’opera che vinse la sceneggiatura a Cannes nel 2005 << Le tre sepolture >>, i primi tre in collaborazione con il suo connazionale Alejandro Gonzalez Inarritu e l’ultimo con Tommy Lee-Jones. Lodoli ci dice in sostanza che il destino dello scrittore Guillermo Arriaga è ben diverso da quello dello sceneggiatore. Viene considerato bravo e interessante ma non all’altezza della sua scrittura filmica. Ho conosciuto Arriaga in due occasioni. La prima fu quando a Roma lesse al Colosseo il primo capitolo di quello che, tra i romanzi giunti in Italia e pubblicati da Fazi, è a parer mio il suo migliore lavoro: << Il bufalo della notte >>. La seconda due anni dopo a Bologna quando lo scrittore messicano si concesse al pubblico nel corso di una conferenza organizzata nell’ambito della rassegna << Le parole dello schermo >>. Lo tempestai di mie congetture e Arriaga, che non mi parve tipo particolarmente paziente, spiegò e parlò, non celando il difficile rapporto che aveva con Inarritu, con il quale la relazione professionale- si stava girando << Babel >>- era a un punto critico. Arriaga infatti spiegava che un film prima di essere girato deve essere scritto e quindi avrebbe preferito che al posto dei titoli di prammatica ci fosse il suo nome anteposto a colui che lo dirige. In sostanza << un film di Guillermo Arriaga girato e diretto da Alejandro Gonzalez Inarritu >>. Il risultato di quello scontro ideologico e non privo di fondamenta è che tra breve << Il bufalo della notte >> sarà il primo film diretto in tutto e per tutto da Arriaga. Al di là del pettegolezzo, però, Arriaga resta un signor scrittore capace di mostrarci un Messico molto diverso da quello che ci propinano le cartoline illustrate. Mi sembra curioso, infine, citare un altro aspetto di Arriaga: la sua mano cinematografica deriva da quella scritturale, quasi che lo scrittore abbia una capacità innata di dividersi con eguali risultati, di eccellenza, nell’uno e nell’altro campo, semplicemente cambiando la tecnica ma non la sostanza. Alla fine per apprezzarlo come scrittore basta fare una cosa sola: leggerlo e non…vederlo.