La forza delicata de Le Nostre Battaglie

La madre se ne va da casa di punto in bianco, senza spiegazioni, lasciando il marito sindacalista e caposquadra nell’immenso magazzino della grande distribuzione e due bimbi, un maschietto e una femminuccia appena più piccola. Avrebbe potuto essere l’occasione per propinare agli spettatori il consueto filmettino sentimentalacrimoso o una sorta di indagine sui perché e i per come e dove cavolo sia finita la signora. Invece nulla di questo. Le Nostre Battaglie del belga Guillaume Senez si disinteressa completamente di una possibile quanto scontata trama. Non è il fatto che si vuole approfondire quanto come i superstiti possano relazionarsi con il trauma dell’abbandono, dell’imprevisto. Come, in sostanza, possa essere ridefinita l’esistenza e la sopravvivenza della famiglia. Non è il primo film della scorsa stagione-è stato presentato alla settimana della critica di Cannes, oltre che al festival di Torino- ad occuparsi dell’istituzione. Era accaduto, guarda caso proprio al festival, con la futura Palma d’Oro giapponese Un Affare di Famiglia. Ma nella magnifica opera del giapponese Kore’eda– la recensione su http://guido.sgwebitaly.it/articoli/la-famiglia-e-morta-viva-la-famiglia-questa-volta-kore-eda-entusiasma/- la riflessione riguardava il concetto strutturale e politico della famiglia, la progressiva disgregazione di questa nella società nipponica. Ne Le Nostre Battaglie invece il discorso è più intimo; non investe tanto l’istituzione famiglia quanto il comportamento del singolo di fronte a un evento non previsto di perdita. Senez si pone e ci pone semplicemente una domanda: cosa potrebbe accadere se si verificasse un evento del genere? La risposta del regista belga è contenuta in un’opera di un pudore assoluto, profonda, interessante, delicata, recitata alla grande, che non scade mai nel banale né porta chi osserva fuori dal tema.

C’è un genitore, Romain Duris, la cui vita viene ribaltata: la sparizione della moglie di fatto cambia i parametri del suo tran tran quotidiano. Deve contemporaneamente far fronte ai momenti lavorativi e di gestione delle questioni sindacali e a quelli che coinvolgono i suoi bimbi. È un uomo generoso, che si adopera per gli altri ed è bravissimo a farlo. Non conosce il mestiere di << madre >> ma ha ben chiaro il valore della famiglia e della sua unione. Così Le Nostre Battaglie diventa un film di crescita individuale da parte di tutti. Tra errori, nervosismi, fardelli sentimentali, ogni componente della casa vivrà a proprio modo il dramma della perdita non rinunciando mai a mettersi in gioco, unendosi nel senso letterale del termine, mettendosi a disposizione l’uno dell’altro. La figura paterna, già punto di riferimento indiscusso in fabbrica per tutti gli operai che vi lavorano, con fatica riuscirà a diventarlo anche nell’ambito privato. Lo stesso percorso compiranno i suoi splendidi bambini, passando dal silenzio assoluto di chi non riesce a elaborare la perdita materna, all’azione disperata e all’accettazione di uno stato delle cose che comunque lascerà sempre spazio alla speranza. Perché la società che ci descrive Senez è quella di chi ogni giorno deve affrontare ingiustizie e marginalità, sentirsi numero all’interno del ciclo di produzione senza per questo perdere la consapevolezza di poter realizzare un mondo migliore e più giusto. Gente che conosce il significato della fatica e che nei valori più autentici, come appunto la famiglia, trova la forza per poter continuare a inseguire i propri ideali. Tutto il film è girato tra la casa dei Vallet e l’immenso capannone ricolmo di scaffali dove gli addetti al personale eseguono senza alcun scrupolo licenziamenti e ingiustizie. Olivier Vallet, Romain Duris , è colui che si adopera per contrastare, per affermare l’equità e la giustizia. Operaio modello, responsabile, dovrà diventarlo suo malgrado anche all’interno della famiglia, cercando di caricarsi sulle spalle il fardello di essere allo stesso tempo padre e madre, guida e confessore per i suoi bimbi.

Il segreto de Le Nostre Battaglie risiede anche in questo aspetto che Senez lascia volutamente sullo sfondo, nelle quinte del film, rinunciando a evidenziare una scontata tematica operaistica che avrebbe reso la sua opera banale come molte altre. Il tema politico, è sfumato, mai preponderante eppure è basilare per comprendere appieno le dinamiche alla base delle decisioni e delle azioni della famiglia Vallet. Non c’è contrasto tra le due sfere nella figura di Olivier Vallet. Esplode, invece, tra lo stesso Olivier e la sorella Betty, Laetitia Dosch, in un importante e fondamentale confronto in una delle scene migliori del film, dove appare fortissima la dicotomia tra il concetto del lavoro di un operaio e quello di un’attrice che non reputa fondamentale l’essere pagata, dando quindi minor valore sia al lavoro sia alla persona stessa che lo compie.

Il pudore è il mezzo grazie al quale Le Nostre Battaglie sta ottenendo un ottimo successo di pubblico. Guillaume Senez, alla seconda opera in carriera, preferisce che a descrivere il percorso di autentica formazione umana siano gli stessi protagonisti del racconto, piuttosto che la scena madre o l’appesantimento registico. L’autore belga va di sottrazione, elimina gli orpelli, presenta i fatti, lascia che sia lo spettatore a chiedersi il perché della sparizione materna. Il film traveste di leggerezza contenuti importanti e si esalta nell’interpretazione di tutti gli attori. Romain Duris è delicato, commovente nel suo dividersi nel risolvere i problemi di chiunque, della famiglia e dei colleghi, nell’essere coerente fino in fondo con i propri principi. I due bimbi, Basile Grunberger e Lena Girard Voss, lasciano stupefatti per la naturalezza con la quale riescono a condividere le loro sensazioni con chi osserva. Il regista usa nel dirigerli la stessa mano con la quale ha ideato il film e il risultato è un realismo radicale che non sfocia mai in altro che non sia la normalità del dramma e della forza che proviene dalla condizione di chi è obbligato per senso di responsabilità nei confronti di se stesso e degli altri a non arrendersi e a cercare di cambiare le situazioni con i fatti. Attraverso le proprie piccole battaglie quotidiane.

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