The President’s Last Bang come un libro di storia
NON è recente ma è come se lo fosse. The President’s Last Bang, ovvero l’ultimo colpo del presidente, è un film del 2005, che per anni è stato mutilato da una censura tutta politica a cui era stato sottoposto in patria. Ne scrivo perché in queste settimane è in programmazione sulla piattaforma streaming del Far East Film Festival a questo indirizzo http://www.mymovies.it/live/feff// come altri film importanti della cinematografia orientale promossa dal festival friulano che appunto nell’edizione del 2020 lo presentò fuori concorso privo di veli, confermandone specificità e capacità di essere un evergreen del genere . Ed è utile vederlo anche per coloro i quali hanno apprezzato il recente A Taxi Driver, incentrato sul massacro di Gwangju avvenuto sette mesi dopo i fatti raccontati da The President’s Last Bang. Il fil rouge che lega questi due film è solo di natura storica, vista la differente qualità delle due opere, ma è importante seguirlo per comprendere anche tanti altri lavori cinematografici sudcoerani e ciò che spesso si cela dietro le allegorie degli autori più noti al pubblico occidentale.
Im Sang-soo disegna un ritratto surreale del potere
In The President’s Last Bang, Im Sang-soo, all’epoca conosciuto in Europa solo per il suo La Moglie dell’Avvocato, penetra con il bisturi e senza fare sconti a nessuno nel fatto più controverso della recente storia della nazione, l’assassinio del presidente Park Chung-hee da parte del presidente dell’intelligence nazionale Kim Jae-gyu, avvenuto la sera del 26 ottobre 1979. Lo fa con una messa in scena originale, in cui il dato di cronaca è lo spunto per costruire una tragedia surreale che fa a fettine l’idea del potere, mettendo allo stesso tempo alla berlina l’illusione delle ideologie. Un film che avrebbe potuto benissimo essere scritto da Eugène Ionesco, dotato di un fascino ipnotico, che non si dimentica. Ne ho accennato in questo blog nella sezione Feff22 https://guidoschittone.com/feff22-in-breve/ma a distanza di mesi e di ulteriori due visioni,preferisco riproporne una breve recensione sulla pagina principale perché lo considero splendido, importante e da vedere ad ogni costo.
Tra depravazione di casta e ipocondria
Nel suo dissacrante ritratto del potere, Im Sang-soo lascia la cronaca o l’indagine sullo sfondo, nell’incipit e nel finale, le due parti documentaristiche tratte dai filmati originali dell’epoca. Il presidente Park e i suoi accoliti sono maschere ridicole e tragiche, slegate totalmente dalla realtà della gente, personaggi depravati che tutto possono e a cui tutto deve essere concesso, dal sesso alla cieca obbedienza. I ministri e i potentati che seguono Park sono utili idioti che partecipano al banchetto del potere. Per contro il suo assassino è un ipocondriaco matricolato, ossessionato dalla propria alitosi, dalla stitichezza congenita-la stessa incapacità di esprimere lo sdegno del popolo sudcoreano?- dalla ambiguità di una scelta di campo che non ha alcun tipo di orizzonte razionale e che la magistrale interpretazione di Baek Yun-shik esalta, quasi il suo personaggio sia una consapevole vittima sacrificale, un kamikaze ideologico. E attorno a queste due figure centrali, carnefice e presidente, si aggirano tutti gli altri, uniti nel comune denominatore della sopraffazione causata da uno stato di privilegio e soprattutto l’agente capo interpretato da Han Suk-kyu, il terzo occhio critico, l’ottica del film e dello stesso regista.
Il ritratto di una nazione in cerca di identità
The President’s Last Bang è popolato da figure sempre in bilico, mosse dalla sete del dominio sugli altri e dalla stupidità congenita. Sono il ridicolo emblema di un paese che all’epoca era in cerca di una propria identità, terrorizzato da una lato dal regime comunista del nord-rilievo che ritorna ancora oggi in quasi tutti i prodotti, anche quelli più commerciali, della cinematografia sudcoreana- il ricordo anche affascinante della dominazione e della cultura giapponese-non a caso il presidente invita nella notte di sangue una cantante tradizionale del sol levante- e dall’altro suddito dell’Occidente dominato dagli Usa, di cui la figura dell’assassino Kim Yae-gyu era il tramite privilegiato.
La chiamata a correo di un popolo intero
Più che sulle questioni geopolitiche- maggiormente chiaro sotto questo profilo è un altro ottimo film sui fatti di Seoul uscito nel 2020 e presentato al Feff22, The Man Standing Next di Woo Min-ho– Im Sang-soo preferisce percorrere due tragitti paralleli, destinati a unirsi in modo esplicativo alla conclusione della propria opera . Il primo: la follia del potere può essere abbattuta solo da altra follia? Sembrerebbe, visto che il personaggio di Kim è tratteggiato come un novello Mercuzio che agisce più attraverso l’istinto che il pragmatismo, incurante di quelle che saranno le conseguenze. Ed è la stessa domanda che l’autore pone al pubblico nello splendido prefinale del film, chiamando però a correo e alla responsabilità, seconda questione posta sul tappeto, un popolo intero: << Vi sembra un rivoluzionario che lotta per la libertà? O un Don Chisciotte paranoico? Dicono che le sue ultime affermazioni in tribunale, che esprimevano il suo grande desiderio di democrazia, furono molto toccanti. Forse….Ma voi curiosi dovrete scoprirlo da soli >>
Un indimenticabile piano sequenza
The President’s Last Bang è un film splendido anche nella forma. Cambiano i colori in continuazione, si alternano i virtuosismi di macchina, con intensi primi piani delle tragiche maschere dei protagonisti, il dolly spesso volteggia sulle loro teste. Un indimenticabile piano sequenza lungo 2’22”, opera del direttore della fotografia Kim Woo-hyung, precede l’inizio della mattanza: la camera si muove dalla sala del banchetto alle varie stanze e cucina dalla casa presidenziale, per poi uscire all’esterno, tra gli alberi in fiore e il sole che ormai è tramontato con gli uomini di Kim pronti per passare all’azione. Mai proiettato in Italia, se non nelle sale specialistiche, per l’ottusità della grande distribuzione, per anni è stato disponibile in home video ma nella versione mutilata. Resta l’opera al momento ineguagliata del regista di The Housemaid e uno dei migliori film sudcoreani di sempre.