SILVIO SOLDINI è un regista atipico: gira film con il contagocce, rifugge dalla banalità, scava nel reale non in un mondo immaginato. Potrebbe essere definito uno degli autori <<sociali>> del cinema italiano contemporaneo ma in modo sottilmente diverso da quello di molti colleghi. Il suo modo di affrontare i problemi parte dal privato, dall’individuo, dal singolo, da piccole storie che si trasformano in universali perché contengono uno spaccato concreto, non fittizio, non da slogan, fuori dalle mode, fuori dal risaputo. Gli uomini e le donne di Soldini sono gli italiani più autentici, proprio perché l’autore milanese non li ammanta di eroismo, non impone loro una missione, li segue e li caratterizza prendendo come spunto il quotidiano della gente. Così tra i tanti film sul precariato, quello più ficcante, purtroppo anticipatore, fu qualche anno fa << Giorni e nuvole >>, la sensibile storia di un imprenditore di mezza età che dall’oggi al domani perdendo il lavoro entrava in quell’apnea esistenziale che coinvolge gli affetti, i sentimenti, le relazioni interpersonali, la perdita delle certezze, con l’improvviso senso di smarrimento, di non appartenenza. Soldini, con raro acume, aveva compreso in anticipo che lo stato più drammatico del precariato non era quello dei giovani laureati ma di chi aveva speso la vita nella professione e si ritrovava con un pugno di mosche in mano negli anni in cui si doveva raccogliere il frutto di quell’impegno. Il suo ultimo film, << Cosa voglio di più >>, uscito in settimana nelle sale italiane, è in linea con quella storia, ne rappresenta un proseguimento spontaneo, la completa e approfondisce e ci lascia con l’amarezza di chi nulla può contro lo stato delle cose. Come in << Giorni e nuvole >> l’indagine <<sociale>> di Soldini parte dalla struttura che più di ogni altra esemplifica il nostro stare nel mondo: la famiglia. Due coppie a confronto, in apparenza del tutto normali. Un negoziante e sua moglie impiegata in un’agenzia di assicurazioni. Giovani marito e moglie ancora senza figli. Dall’altra un’estetista e un uomo che si occupa di catering, due figli piccoli, gli immancabili e insormontabili problemi economici di chi non ha un lavoro retribuito a sufficienza e soprattutto sicuro. LA PASSIONE, come ci ha insegnato Jorge Amado, nascerà tra l’impiegata e l’uomo del catering in modo fortuito, casuale. Una battuta, uno sguardo, un incontro improvviso e poi il primo appuntamento, la prima impossibilità: non riuscire a fare l’amore perché nessuno possiede un posto dove andare. Il primo motel, 50 euro ogni quattro ore, una stanza rossa piena di specchi, dove i due consumano le ore serali del mercoledì strappate alla famiglia e alla piscina, inventandosi come tutti gli amanti le scuse più assurde. I corpi avvinghiati in abbracci, i gemiti di un amore da consumare in brevissimo tempo, la corsa contro di esso, i baci come senso estremo di una perdita futura. La passione intensa nel senso di radicale provvisorietà. Potrebbe essere un film francese ma Soldini non si limita a mettere in scena la dinamica del tradimento, dell’incontro. Si spinge oltre: alla pari di <<Giorni e nuvole>> è l’apnea che la fa da padrona. Non solo per motivi sentimentali. I personaggi di Anna-Alba Rohrwacher e di Domenico- Pier Francesco Favino vengono subito messi di fronte alla realtà: sono sposati, sono soprattutto persone normali. Anna vive adorata dal marito Alessio- Giuseppe Battiston: è un uomo buono, che sa fare di tutto, convinto quasi che la sua sia una vita perfetta, fatta del proprio negozio, del bricolage, di una giovane moglie con la quale condividere un piatto di tonno in scatola la sera, l’amicizia con un tassista, Fabio Troiano e la moglie di lui, qualche uscita in pizzeria, i sabati trascorsi al supermercato, le domeniche di fronte alla tv, la sera a leggere improbabili biografie scontate su Jim Morrison o Cristoforo Colombo. E’questo che Alessio offre ad Anna, è il suo schema mentale che oltre non può andare. Domenico, invece, è soffocato dalla mancanza di soldi. Guarda i propri figli piccoli, chiede anticipi che non gli vengono mai versati dalla propria titolare, non si abbassa a contrarre debiti, è un uomo del sud, un calabrese, un emigrato di seconda generazione in Lombardia. Per entrambi gli amanti, Anna e Domenico, l’incontro non è solo uno strumento di copulazione alternativa. E’il sogno di una vita immaginata che ora, finalmente, si concretizza. Ma dove andranno se anche l’amore dipende alla fine da ciò che si ha, da ciò che si potrebbe avere ma non…si può? Un divorzio costa, una famiglia e i parenti si trasformano in muri di equilibrio artificiale, la mancanza di serenità lavorativa mina anche il rapporto tra amanti. La moglie di Domenico lo mette di continuo di fronte alle sue responsabilità, Alessio invece è cieco per scelta e anche quando aprirà gli occhi preferirà fingere in attesa di un’altra notte per dormire. L’IMPOSSIBILITA’ dell’amore per Soldini è caratterizzata non dall’ottica classica del romanticismo ma da cause puramente materiali. E’per questo che il suo è un film sociale al cento per cento, molto più delle decine di storie che narratori e registi italiani ci hanno propinato negli ultimi anni. Lo spaccato che ci offre << Cosa voglio di più>> è una conseguenza del malessere e della nebbia che coinvolge l’umanità del terzo millennio ed è gioco forza che la passione non possa far altro che acuire il senso di inadeguatezza che ci portiamo appresso giorno dopo giorno. I personaggi di Soldini sono sicuri solo dei loro sentimenti, ma non basta. Domenico continua a ripetere ad Anna che la ama, Anna fissa il cellulare in attesa di una chiamata o di un sms, lo pedina, lo segue, piange, si dispera. Ma sarà la prima a comprendere di camminare in una strada già interrotta. E forse ne è conscio anche Domenico, perché sa di non potere dare una svolta alla propria vita. << COSA VOGLIO DI PIU’ >> è un bellissimo film. Soldini ha un merito ulteriore: tratteggia con perfezione i caratteri dei suoi personaggi. Alba Rohrwacher è donna autentica: volitiva, decisa, sa operare delle scelte nel bene o nel male. Pier Francesco Favino è l’uomo, colui che sogna ma che è meno sfrontato, è impacciato, si porta appresso le proprie grane, i propri figli in ogni secondo. Non basta fare l’amore e innamorarsi per dimenticarsi di chi si è. Sorretto da una prova magistrale di tutto il cast, Rohrwacher e Favino sono tra gli amanti più credibili degli ultimi anni e Battiston è come al solito di una bravura da lasciare senza fiato, <<Cosa voglio di più>> è un’opera di estrema maturità. La finzione in Soldini è tale solo perché corrisponde alla messa in scena. Ma quanta verità, quanta vita autentica, quanto di ognuno di noi c’è nelle immagini che ci scorrono davanti, quanta Italia contemporanea vediamo nei 126 minuti della pellicola. Mettendo a nudo i due protagonisti l’autore spoglia gli spettatori, li lascia nell’amarezza, nel vuoto
, nello stato delle cose, privandoli anche di quella flebile speranza intravista nel finale di <<Giorni e nuvole >>. Così è la vita, non è più tempo per sognare.