Non c’è nuovo non c’è vecchio

Qualcuno, in specie gli Wu Ming, l’ha definita la nuova corrente della narrativa italiana. Si chiama New Italian Epic, nel senso che questi autori prendono un evento storico, lo reinterpretano, lo attualizzano ed elaborano le loro trame. E’un fenomeno molto bolognese, quasi che il passa parola che prima portava tutti quanti a inventarsi noir avesse cambiato scenario. Al collettivo Wu Ming va dato il merito di essere stato il primo a credere fortemente in questo tipo di narrativa, un capostipite inoltre del tutto trasversale e capace di sfruttare più mezzi di comunicazione. Da Lucarelli a Evangelisti e via dicendo, pur nelle diversità di stile e di scrittura, di intenti, c’è la voglia di guardare al passato forse per leggere meglio il presente. L’ultimo della lista a essersi adeguato è Enrico Brizzi, che nel suo nuovo romanzo immagina una controstoria. Mussolini non è stato giustiziato bensì ha vinto la guerra ed è morto placidamente nel suo letto nel 1960. Sul libro, che si intitola << L’inattesa piega degli eventi >>, l’edizione bolognese del Corsera ha pubblicato un’intera pagina con stralci del primo capitolo. Quindi un nuovo << Italian Epic >>, l’ennesimo. Non essendo ancora in commercio, verrà lanciato alla fiera del libro di Torino la prossima settimana, non posso dire nulla. Brizzi è bravo, fresco e simpatico e dovrebbe mantenere inalterate queste doti anche nella sua ultima fatica. Quello che non mi garba affatto è spacciare l’idea per cosa nuova o rivoluzionaria come qualche critico pretenderebbe. Nel 1962 Philip K Dick, per anni ingiustamente relegato al ruolo di scrittore di fantascienza e poi riabilitato grazie al cinema, scrisse << La svastica sotto il sole >>, in cui tedeschi e giapponesi erano i vincitori del secondo conflitto e gli americani i perdenti. Più o meno negli stessi anni Guido Morselli con << Contropassato prossimo >> reinterpretava la storia facendo vincere agli austriaci la prima guerra mondiale. Sono i primi esempi che mi tornano in mente. Qualcuno più esperto di me ne avrà altri ancora. Ripeto un concetto vetusto: non è che la letteratura sia morta ma non ha nulla di nuovo. Da molto tempo. Per quanto gli scrittori si possano sforzare, le idee, i progetti, circolano, tornando sempre. Si possono reinventare, prendere come semplice spunto, minarli all’interno o esaltarli ma ciò che differenzia i libri e gli scrittori è solo la qualità. Quindi non spacciamo le idee in quanto nuove, spacciamole in quanto buone, ben sviluppate. Gli scrittori sono solisti. Non hanno bisogno di filoni, di gabbie, di schemi, di generi. Possono raggrupparsi per un sentire comune, per una visione simile, ma alla fine restano da soli di fronte alla pagina, con la loro storia, la loro rabbia, le loro disillusioni. La smettano di autoingabbiarsi, di darsi delle etichette. Perché l’unica che vale, di etichetta appunto, è la capacità individuale. Che può esprimersi ovunque, anche in una favola, anche in un romanzo porno, anche in un racconto scritto in una bettola. Senza essere assillati dal nuovo, dal vecchio, dal diverso a tutti i costi e dal così così.

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