Librerie chiuse: specchio dei tempi

C’è una brutta notizia che mi ha rattristato: a Bologna presto chiuderanno altre due librerie. E’lo specchio dei tempi che viviamo, in cui persino la lettura e il suo mercato sono diventati preda della grande distribuzione , spersonalizzati. Gli editori, soprattutto uno, hanno inaugurato ormai da parecchio la filiera: dalla produzione di libri si passa alla distribuzione e alla vendita di modo da poter accontentare il maggior numero di persone possibili, concentrandole in pochi ma enormi locali dove è possibile trovare di tutto. Forse, non essendo di professione commerciante, è giusto che sia così. Ma mi fa tristezza ugualmente: quando un lettore perde il contatto con il libraio, quando si trova spaurito in mezzo a una foresta di titoli, quando ha bisogno di un consiglio, di essere accudito, di essere istruito, condotto per mano alla scoperta di qualcosa che esula classifiche e critica, si sente terzo rispetto a un mondo importante. Straniero e stranito. Forse è per questo che tra i miei sogni per la terza età c’è quello di aprire una libreria come dico io, come quelle che si trovano a Parigi, a New York, a volte nella stessa Roma. Lontana dal fragore delle graduatoria, ordinata, con uno sempre presente. Perché il libraio dovrebbe essere innanzitutto una persona che legge e che sa cosa vende. Non un pannello statistico da computer che controlla arrivi e partenze, ristampe e fuori catalogo.

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