La fondamentale lezione di vita di Richard Ford

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QUESTA volta parlo di un libro, di un romanzo, anzi di un grande romanzo. Uno di quelli che che vanno riposti in bella vista in libreria, riaperti, riassaporati, riletti. Era da molto tempo che non mi accadeva di leggere qualcosa di forte, di basilare, di fondamentale. Troppa roba mediocre, sufficiente, poco entusiasmante in giro, nostrana e non. Poi è arrivato lui, Richard Ford  con il suo <<Canada>>-edizioni Narratori Feltrinelli, traduzione di Vincenzo Mantovani– e mi sono riappropriato del gusto e del piacere del leggere. Dell’imparare. Del riflettere. Dell’armonia che un grande scrittore sa creare con il suo lettore. L’uno si trasforma nell’altro, le barriere vengono annullate, i confini scompaiono come un viaggio tra l’infinito senza carte spaziali.

<< Canada >> è il romanzo di uno sradicamento: psicologico, non solo fisico. C’è una trama semplice, ci sono pochissimi personaggi, c’è soprattutto il percorso umano di un ragazzino di quindici anni, Dell, al quale l’esistenza non ha riservato un grande destino. Potrebbe essere un perdente in partenza, o come dice un personaggio del libro << quasi tutti gli sfigati sono uomini che si sono fatti da sé>>. I suoi genitori, tipici esponenti della middle class americana degli Anni’60, sono finiti in galera per aver commesso una sciocca quanto inutile rapina in una banca, lasciando soli Dell e la gemella Berner in balia del futuro. Sono i fatti che Richard Ford introduce già nell’incipit del primo capitolo. Il resto è un incamminarsi a ritroso da parte di Dell stesso, ora diventato professore sessantaseienne, nel fotografare la cronaca minuziosa del suo vagare obbligatorio tra il prima e il dopo, il certo di allora, la transumananza necessaria e costritta, la scoperta di un mondo altro e nuovo, sconosciuto, minaccioso, il Canada appunto, dove in ogni caso Dell comprenderà il significato più profondo della vita, accettandolo. Così << Canada >> va oltre al semplice romanzo di formazione, diventa una lezione stessa sull’esistenza che Richard Ford ci impartisce senza prepotenza, senza rabbia, con una dolcezza e comprensione che non possono non catturare. Ecco il primo punto centrale della struttura di questo romanzo, diviso in tre parti: la semplicità di esporre concetti profondi da parte di uno dei più grandi scrittori contemporanei. Una lezione da chi è in cattedra senza che il lettore se ne accorga: Richard Ford sembra un compagno di banco, non il professore. Ovvero la vecchia figura del narratore senza se e senza ma, il cantastorie, l’uomo<< che racconta  favole ai bambini attorno al fuoco>>, come sostiene-e lo cito spesso- il regista e sceneggiatore John Milius. Penso sia il massimo complimento che si possa rivolgere a chi scrive, a chi sa fare le cose in materia artistica in generale.

Ma << Canada >> non è solo capacità, fluidità di tenere incollato il lettore per 424 pagine senza un attimo di pausa, una caduta, con costanza. E’ben altro. Sono il mondo e la sua relativa visione, gli aspetti, i significati a permettere di inspirare forte nei polmoni e dire che questo è il libro che si voleva leggere, il libro che ci ha scelto, il nostro, da appuntare al cuore. Dell Parsons è un bimbo cresciuto nelle città di provincia con le basi dell’Air Force che determinano lo scorrere sociale. Suo padre Bev è un ufficiale di aviazione, è un fallito perché non è mai riuscito a prendere il brevetto per pilotare gli aerei, si è limitato a bombardare, sparare ed è finito troppo giovane in congedo con i gradi di capitano . E’un uomo bello, alto, affabile, piacente, che forse nasconde qualcosa, che passa da un’impresa disastrosa all’altra. Sua madre, Neeva, è un’ebrea polacca arrivata negli Usa, piccola, bruttina, ha studiato, ama leggere poesie, scrivere in un libretto misterioso frasi e parole. E’un’infelice che si assoggetta. La gemella di Dell, Berner, è piena di lentiggini, ha il volto piatto e grandi occhi. E’di qualche ora più anziana del gemello, sembra la ribelle della famiglia. Una famiglia come tante, con la casetta in affitto, il giardino, la macchina ben lavata. Questo è ciò che sembrava a Dell. La verità non sarà questa e a poco a poco, attraverso il fatto che ribalterà l’esistenza di tutti e quattro, il ragazzino farà i conti con la percezione delle persone e degli accadimenti. Perché <<Canada>> è proprio su questo che si basa: su ciò che l’individuo vede e prova. La figura di Dell, l’io narrante della storia, è quella di un <<orfano>> reso tale dagli avvenimenti delittuosi dei genitori, che si ritrova in balia di un presente diverso. E’ lo sradicamento psicologico che ne comporta uno anche fisico di cui parlavo all’inizio. Così il Canada, la terra che non è promessa ma è soltanto una strada obbligata, diventa il confine di una giovane esistenza. Il passaggio che va attraversato con il confronto con gli splendidi personaggi del fascinoso Arthur Remlinger ( per ironia della sorte nel libro spesso viene citato Rimbaud)  del meticcio Charley. Tutti eroi negativi, dentro i quali si annidano batufoli di improvvisa saggezza, che insegneranno all’adolescente Dell il marcio della vita, il peso del passato, l’ossessione e l’impossibilità delle assenze da colmare mentre il ragazzo viaggia con gli occhi e la mente alla ricerca del senso del mondo.

SI PARLA molto di scacchi e di arnie nel libro. Sono i sogni di Dell, un ragazzino che cerca l’ordine perfetto delle cose nelle seconde e scoprirà proprio l’armonia seguendo i primi, quasi fossero figli della citazione di Ruskin nelle pagine finali <<la composizione è l’ordinamento di cose disuguali>>. Il destino vorrà che Dell non riuscirà mai ad appropriarsi di queste sue due passioni. Non in modo totale, almeno. Eppure la lezione che impartisce, ormai prossimo alla pensione, ai suoi studenti canadesi, lui che è americano, sarà chiara. Scrive Richard Ford all’inizio della terza e conclusiva parte di << Canada >>: “..e li invito a non cercare troppo accanitamente significati nascosti od opposti-anche nei libri che leggono- ma a guardare nel modo più diretto possibile le cose che possono vedere alla luce del giorno. Nel processo di spiegare a te stesso le cose che vedi, riuscirai sempre a trovarvi un senso e a imparare ad accettare il mondo>>. 

<<Canada>> , quindi, è anche un romanzo sull’accettazione non passiva, non ipocrita del destino. Dell sembra sempre in balia di ciò che accade; nella realtà è lui il motore di ogni cosa. Subisce gli eventi ma riesce ad avere la grandissima capacità di adattarsi a essi e di modificarli nell’intimo  proprio perché la vita gli ha insegnato fin da piccolo  il senso della saggezza. Come scrive ancora Richard Ford << La mia idea è sempre quella di “un confine da attraversare”;adattamento, passaggio progressivo da un modo di vivere che non funziona a uno che funziona. Può anche riferirsi al fatto di superare una linea e non essere più capaci di tornare indietro>>. E’ciò che capita alla famiglia Parsons, a tutti i personaggi di <<Canada>> e anche a noi, coscienti di ciò che abbiamo letto e certi che sarà molto difficile per lo scrittore americano superarsi ancora una volta. Perché questo libro, e non è slogan, è un capolavoro.

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