Il ragazzo che voleva farsi amare

images-23.jpegS’inerpica la bicicletta di Cyril, solca le strade. Si muovono le gambe del piccolo, imprimono forza ai pedali. Cyril è orfano anche se ha un padre. Cyril è più uomo di qualsiasi bimbo che gli sta accanto. Cyril corre per fuggire, spinge la bici da cross per cercare. Nulla in ciò che fa è privo di motivi, privo di cause. Quanto è maturo Cyril che cerca affetto e che vuole capire il mondo? L’ottica dei fratelli Dardenne lo segue incollandosi al suo sforzo. Ne coglie il sudore, il respiro affannoso, ne percepisce la rabbiosa tristezza di chi non si arrende all’evidenza. Cyril è più giovane e sta mille miglia lontano da Ree Dolly di <<Un gelido inverno>>. Eppure la sua storia è per certi versi assimilabile a quella della ragazzina americana del Missouri. Entrambi cercano il padre. Ree vuole sapere se e come è morto, Cyril perché se ne è andato da casa e perché non sa cosa farsene di un figlio affidato a un istituto per ragazzi con problemi di famiglia. In ogni caso Cyril e Ree vincono le loro battaglie, scoprendo la realtà, amara, della loro condizione. Accettando l’assurdo dell’esistenza. <<Le gamin au velò>>, <<Il ragazzo con la bicicletta>> presentato in concorso al festival di Cannes e subito proiettato in sala, è l’ennesima riprova della capacità dei fratelli Dardenne e della loro poetica di affondare nell’universo dell’umanità <<altra>>, quella che non ha la pappa fatta, perdente per nascita. Solo che nel loro ultimo film il piccolo Cyril si trasforma, diventando nucleo centrale di forza e ribellione, vincente, pronto per vivere meglio di chiunque altro perché le brutture del mondo le ha già subite, ci è nato ed è riuscito a sconfiggerle. <<Il ragazzo con la bicicletta>> è una bellissima storia senza retorica, è un <<happy end>> per nulla scontato, è una meditazione sul mondo dei piccoli uomini e su quello dei piccoli adulti.L’adolescenza dei Dardenne è il trauma di un ragazzo che non è accettato dal padre. Non è probabilmente cattivo il genitore che ha abbandonato Cyril. E’un immaturo: lo rifiuta perché non gli conviene, perché forse la donna con la quale vive non desidera avere intrusi tra i piedi. E’un uomo indeciso, succube degli altri, è allo sbando sociale, il figlio gli è solo di peso. Meglio cancellare tutto ciò che può ricordarlo, andarsene di casa, non lasciare il nuovo indirizzo, vendere la bicicletta da cross, rifarsi una vita come nulla fosse accaduto in precedenza. Cyril avverte questa assenza: la bicicletta venduta è il simbolo materiale del rifiuto. Il suo correre alla ricerca del genitore è bisogno disperato di amore da ricevere e anche di comprendere i motivi della scelleratezza di una scelta. Cyril non è un ribelle tout court. Le sue fughe dall’istituto hanno un motivo preciso, trovare il padre, comprendere i perché, non arrendersi mai di fronte all’evidenza. La parrucchiera Samantha che dapprima lo accoglie per i week end è un mezzo, un supporto d’amore per cogliere il proprio obiettivo. Diventerà centrale nel momento in cui il ragazzino capirà che non è solo aiuto ciò che la donna può offrirgli ma tutto ciò che non ha mai ricevuto, amore spontaneo, guida, esempio a cui rifarsi, valore incontaminato, purezza. I Dardenne non ci spiegano il perché Samantha riversi su Cyril il proprio amore. E’una donna che spunta all’improvviso e casualmente nel film. Nulla sappiamo e sapremo di chi sia stata, di quali esperienze abbia avuto, attraverso quali traumi sia passata. Quasi fosse una fata, Samantha è colei che offrendo fiducia a Cyril supera anche i tradimenti e le bugie del piccolo, che ne capisce il dramma insoluto, che lo accetta. Non ha necessità di proporgli modelli esistenziali o educativi: lo conquista vivendo, mostrandogli attraverso il quotidiano il significato del <<respiro caldo>>, dell’abbraccio. Ma per arrivare a tutto ciò Cyril passerà attraverso gli incontri sbagliati, mettendosi dalla parte degli ingiusti, ingannandola senza troppa convinzione.<<Le gamin au velò>> è un film potente che fa commuovere senza alcun ammiccamento allo spettatore. Seguendo il mondo visto dagli occhi di un ragazzino, Jean Pierre e Luc Dardenne interrogano la coscienza degli adulti, ne mostrano l’ambiguità, la vigliaccheria, la fuga dalle proprie responsabilità. Ne è di esempio una delle ultime scene, nella quale, a fronte di un fatto potenzialmente grave, il comportamento di un giovane è di gran lunga più responsabile di quello di un padre, già pronto al compromesso e alla mistificazione della verità. Così le leve di Cyril  che spingono forte sui pedali assurgono a desiderio di un mondo migliore, di un’ideale di purezza da parte di chi ha dovuto subire la perdita dell’innocenza per colpe non proprie ma che da questa riesce a trarre la potenza di ciò che è giusto. Cyril, il bimbo apparentemente sfrontato a caccia di amore, potrà pedalare finalmente con la coscienza tranquilla. Dalla sua la certezza del sentimento di Samantha, dell’accettazione. Una fine che è un nuovo inizio, basato sulla consapevolezza di sé stesso: ha scoperto di essere amato e poco importa che tutto ciò non provenga da un legame di sangue. Cyril conosce già il mondo. E’pronto per renderlo assieme a Samantha se non perfetto almeno più equo. Di questo ritratto ottimistico Thomas Doret-Cyril- e Cecile de France- Samantha- sono gli interpreti centrali. Da lasciare a bocca aperta la recitazione del primo mentre la seconda si conferma grandissima attrice, misurata, naturale, autentica. Perfetta per il cinema senza ghirigori dei fratelli amati dai cinefili che dopo questo film saranno conosciuti anche da un pubblico più vasto.

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