Il rabdomante, piccolo film da riscoprire

locandina.jpgQualche settimana fa mi sono imbattuto in un titolo che avevo perduto:<< Il rabdomante>>. Sapevo che si trattava di un piccolo film, nel senso di budget, proiettato in qualche  festival e poi distribuito per pochi giorni nelle sale cinematografiche. Un destino comune alle produzioni indipendenti, aggravato dal fatto che all’epoca delle riprese, nel 2006, nessuno degli interpreti possedeva una valenza mediatica tale da incuriosire. Fortuna che le videoteche ogni tanto giungono a soccorrere i distratti e dal piccolo titolo scaturiscono momenti di delizia, di leggerezza ma non di superficialità. Merito di Pascal Zullino, l’interprete principale, soggettista e cosceneggiatore del film di Fabrizio Cattani. <<Il rabdomante>> Felice è un giovane orfano alle prese con il fantasma della madre: chiuso nel suo mondo ha un solo amico autentico, venera gli animali della sua fattoria come fossero umani, non conosce le donne né l’amore ma ha il dono di saper trovare l’acqua laddove questa sembra non esserci: come appunto in Basilicata, nei dintorni di Matera. L’acqua è al centro delle speculazioni del mafiosetto locale Ninì ed è nella logica del soggetto che una donna dell’est, Harja, diventi ben presto l’anello di congiunzione tra chi cerca l’acqua e chi l’acqua la sfrutta per fini poco ortodossi. Due diversità e due solitudini s’incontrano, dunque. Harja è una ragazza dell’est messa incinta da Ninì: è da lui che sta sfuggendo e il caso la porterà a dormire nel fienile di Felice. Così da questo spunto il film che parte con un tono da commedia brillante a poco a poco si trasforma nell’analisi del rapporto di amicizia tra un uomo che sembra un bimbo e una ragazza cresciuta in fretta. L’inconsapevole Ninì alla fine li troverà entrambi e il finale non sarà né buonista né troppo sorridente. Non stiamo parlando di un film perfetto: esistono nel montaggio finale alcune carenze e imprecisioni ma si tratta di piccole cose che non intaccano la qualità che è di testo, di recitazione, di fotografia. Il sud ci viene presentato come raramente è accaduto, i pochi personaggi sembrano caricature ma in realtà Zullino e il regista Fabrizio Cattani riescono a coglierne l’essenza, la terra attorno a Matera si illumina o si scurisce che è uno spettacolo. A pelle c’è una profonda conoscenza delle regole degli spaghetti western, Felice recita a memoria scene di film, del surrealismo di Almodovar, della commedia brillante degli anni’50, strepitose le scene <<leggere>> recitate in dialetto locale, e un tocco magico e di riflessione sul potere dell’acqua, qui vista non solo come base della vita ma come metafora di ciò che cerchiamo. Si aggiunga un cast solido di gente importante, ben selezionata: il grande Massimo Sarchielli- vi dicono nulla Sangue Pazzo oppure Miracolo a Sant’Anna?- Antonio Gerardi, Riccardo Zinna, Lucianna De Falco fino a Andrea Oswart che al di là di Sanremo è una delle attrici più promettenti oltre che molto ma molto bella e Pascal Zullino, capace con la sua aria trasognata di passare da un registro all’altro con grande semplicità.

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