Nonostante la lunga assenza non ho perduto il vizio del cinema. Scrivo dentro questi rettangolini di << Revolutionary Road >>, il bel film che Sam Mendes ha ritagliato come un Brioni sulle capacità espressive di Leo DiCaprio e della moglie Kate Winslet, portando al cinema l’ottimo romanzo di Richard Yates. E’la disincantata visione del crollo di qualsiasi illusione non solo dell’istituzione matrimoniale o del fatto che la << gabbia >> del matrimonio imprigiona le vite e distrugge il ciò che si vorrebbe essere. La riflessione di Yates e di Mendes, che dovendo trasportare l’idea del romanzo in immagini accentua un aspetto del libro, è più ampia, investe la sfera delle speranze tradite, della fascinazione, delle illusioni di poter diventare << altri >> da ciò che noi siamo. Mendes è molto bravo nel caratterizzare il diverso approccio alla disillusione tra uomini e donne. Ed è per questo che punta soprattutto ai bruschi cambiamenti espressivi dei volti di DiCaprio e Winslet: un lento procedere in una cupa depressione di April-Winslet e la più ingenua, superficiale reattività maschile di Frank- DiCaprio. Non esiste nel film come nel libro la supremazia tra il malessere della prima e del secondo. L’equilibrio di due infelicità, di due << non vite >>, non può portare a salvezza perchè questa non esiste. La << non vita >> è l’allegoria che grava sul bello e apparentemente perfetto quartiere di << Revolutionary Road >>, dove nessuna famiglia può contare su un futuro ma solo su una sopravvivenza basata sulle piccole cose di pessimo gusto. E’ la distruzione dell’ideale dell’happy life statunitense operata da Yates in anni non sospetti. A incidere, pesantemente, nel film è la figura di Michael Shannon, candidato all’Oscar come miglior attore non protagonista. La sua interpretazione del << pazzo >> è perfetta e resterà negli anni. Il pazzo Shannon è l’unico che ha la lucidità di chiamare le cose con il proprio nome, è l’unico a fornire ai protagonisti la visuale dura e cruda di ciò che è, spogliata dai sogni, dalle romanticherie femminili e dall’adeguamento maschile. Michael Shannon è il << fool >> di Shakespeare, il << buffone >> che il drammaturgo inglese usava per fare chiarezza, per proporre il significato etico, per indicare la strada allo spettatore e agli stessi personaggi. Mendes usa Shannon proprio per questo e sono le sue poche battute, la follia del pazzo a far comprendere che l’epoca della speranza è ormai finita, che la rassegnazione è l’unico stato possibile per l’umanità.