Per Natale mi sono regalato una lunga visione di << Heaven’s gate >>, il film che costò a Michael Cimino la propria carriera e alla United Artists il fallimento. L’ho fatto pur avendolo già visto in versione integrale, trasmessa qualche anno fa da Ghezzi in << Fuori Orario >>, l’ho fatto perchè avevo bisogno di festeggiare il Natale a modo mio, come faccio ogni anno, regalandomi un film che ha fatto la storia del cinema, film mettiamo poco noti o dimenticati. Ne è valsa la pena ed è stato divertente confrontare oggi le proprie riflessioni con quelle dei critici che nel 1980 l’avevano bocciato sonoramente, rifiutandolo per partito preso, quasi per volersi allineare alla schiera dell’intelligenza Usa che probabilmente scottata dal flop al botteghino e dagli eccessivi costi produttivi aveva stroncato un film e una carriera di un grande. Sono trascorsi ventisette anni e << Heaven’s gate >> è la base dell’epopea moderna del cinema. Destruttura il western classico, amplifica la lezione di Ford, Peckinpah e Leone, inserendo tocchi da commedia, melodramma, ripercorrendo accenti dei grandi film americani degli Anni’30 e ’40. Scandisce trenta lunghe stagioni di vita dei protagonisti con lo sfarzo di una scenografia e una fotografia da lasciare a bocca aperta. Porta avanti una riflessione sulla frontiera che è crudele, molto secca, molto indigesta- soprattutto all’epoca- per gli Usa. Dove i cattivi alla fine sono vigliacchi e i buoni crudeli e spietati, divisi e indecisi. Un film dove nemmeno l’amore può rappresentare un’autentica salvezza. Certo della pellicola esistono tre versioni di tre differenti lunghezze: quella che circola nei videonoleggi è quella rimaneggiata all’epoca per questioni produttive, per rendere l’epopea di Cimino meno lunga e più commestibile, più politicamente corretta, più superficiale nella riflessione sul cammino della nazione, più protesa a raccontare la storia d’amore che lega le varie parti del film. In questa alcune scene sono anticipate, rimescolate, posticipate, saltano pezzi fondamentali che rendono << Heaven’s gate >> un’opera monca, privata di parecchio del fascino originario. Ma anche così il capolavoro resiste e ci si domanda i motivi per i quali ogni qual volta si realizza un’opera diversa, complessa, grande anche nelle dimensioni si vada dritto verso il fallimento. Cimino, dopo << Heaven’s gate >> attese molti anni prima di ricominciare a dirigere (lo fece con << L’anno del dragone >>) e perse molto del proprio genio visionario, fiaccato forse dall’ostracismo, dalla riluttanza che i migliori spesso trovano apparecchiati sulla tavola dalla mediocrità dei propri camerieri.