Gioia Mia, un racconto delicato di formazione che non cade mai nella melassa dei sentimenti

Un esordio con fiocchi

Al primo lungometraggio Margherita Spampinato dimostra di sapere benissimo dove andare a parare. D’altronde non si tratta di una neofita in senso tecnico. Negli anni ha potuto lavorare come segretaria di edizione o supervisore alle sceneggiature o al casting a fianco di molti autori interessanti, Michelangelo Frammartino, Roberto Faenza, Marco Bellocchio , Pif, tanto per citarne alcuni. Non stupisce quindi che il suo debutto con Gioia Mia, in uscita in dicembre, possa essere considerato maturo sia per solidità del soggetto sia per capacità di avere ritmo e gusto delle immagini. In caso contrario il suo film avrebbe potuto prendere la china consueta delle opere cosiddette di formazione, un nulla di nuovo sul fronte occidentale. Se non accade è perché Spampinato sta alla larga dalla melensaggine che spesso coinvolge i racconti del genere, quelli in cui il fazzoletto è obbligatorio per asciugare lacrime create artificialmente. Ed è capace di allargare l’orizzonte.

L’estate a casa della prozia

Nico vive all’estero e viene mandato a trascorrere le vacanze estive in Sicilia a casa di Gela, sorella della nonna scomparsa. È un mondo diverso da quello a cui è abituato: l’antico palazzo in cui la donna risiede è una sorta di emblema dell’isola, dove la decadenza è una virtù e la sua conservazione è ciò che la rende unica. A volte i lampadari tremano perché forse ci sono fantasmi, le giornate trascorrono tra ricette da preparare, lunghe partite a carte con le inquiline e i giochi di ragazzi in cortile. Tra Nico e Gerla c’è una durezza apparente di rapporti che cela curiosità, ansia di scoprire chi si ha di fronte. Nascerà un rapporto strettissimo, fatto di rivelazioni e e di elaborazione di lutti, piccoli e grandi, da parte di entrambi.

Un’opera che resta sempre in equilibrio

La qualità principale di Gioia Mia è la capacità di Spampinato di mantenere un perfetto equilibrio tra la prevedibile narrazione sulle dinamiche dell’adolescenza e la scoperta dei buchi neri che caratterizzano la vita dei protagonisti. Nipote e prozia sono persone che dietro i silenzi dell’uno e l’apparente durezza dell’altra nascondono perdite e attraverso il confronto riusciranno non tanto a dimenticarle quanto a creare una fortissima relazione di totale fiducia reciproca. È un percorso di crescita individuale a doppio senso, una commistione tra giovane e anziano che annulla l’anagrafe. Nella logica del racconto rientrano anche alcuni cliché del genere: il primo turbamento sentimentale concreto da parte di Nico, il gioco degli adolescenti come scoperta e quindi ricerca e una certa iconografia sicula legata al cibo. Tutto, però, in armonia senza mai cadere nel rischio della melassa.

La Sicilia nell’anima e ottimi interpreti

La Sicilianità è l’altra protagonista di Gioia Mia. Spampinato descrive la sua terra affidandosi allo spazio chiuso dell’antico palazzo in cui vivono i suoi interpreti e alla figura della prozia. Il primo è teatro di un mondo fantastico, quasi di un pianeta da esplorare. La seconda incarna in modo profondo la propria terra, l’ottica attraverso cui si osserva e si vive, l’orgoglio che nasconde il dolore, il senso del passato da riportare nel presente. Ed è come sempre straordinaria Aurora Quattrocchi, premiata al festival di Locarno per la sua interpretazione, nell’addentrarsi nel proprio personaggio con la classe e la naturalezza che la distinguono. Qui pur non essendo madre, come accaduto spessissimo, per esempio in Nostalgia di Marco Martone, in Anime Nere di Francesco Munzi(Quelle Anime Nere che giocano con l’immutabile) o nell’ottimo e poco conosciuto- mi domando il perché- Spaccaossa di Vincenzo Pirrotta (Spaccaossa, l’umanità che non sa redimersi nel convincente film d’esordio alla regia di Vincenzo Pirrotta) si trasforma in ciò che avrebbe voluto essere e mai è stata. È questa grande attrice, questa maschera che trasuda umanità a determinare il percorso che porterà Nico, la rivelazione Marco Fiore, a vivere con ritrovata gioia la propria giovinezza. Gioia Mia è un film leggero e dolce ma mai banale. Un esordio maturo.

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