Emilia Perez: Audiard si rinnova ancora per restare sé stesso e non sbaglia un colpo

Un film da non imprigionare in un genere

Tra i molti registi europei Jacques Audiard è di sicuro uno di quelli che sa rinnovarsi film dopo film. Fa parte delle sue radici di figlio d’arte, il padre Michel è stato un immenso sceneggiatore(anche per il mio amato Marco Ferreri), e di una vivacità intellettuale che ha pochi riscontri. Audiard non agisce sul genere; semmai prosegue a inseguire la propria stella polare, ribaltando la forma a piacimento ma mantenendone la sostanza. Può essere dolcissimo o duro, cavalcare nel vecchio west con i suoi Fratelli Sisters, esprimersi attraverso il labiale di Vincent Cassel in Sulle Mie Labbra, cercare la sopravvivenza in carcere ne Il ProfetaIl racconto amorale di Audiard – ma in ogni caso nelle sue opere esistono sempre temi centrali : la redenzione, il riscatto morale , l’impossibilità del relativo cambiamento, il confronto . Tutto passa da personaggi non necessariamente ai margini sociali, piuttosto da individui marchiati dal passato, anche nel fisico. Emilia Perez, premio della Giuria a Cannes-avrebbe meritato di più- non fa eccezione alla regola della sostanza. È la sua strabiliante forma, in cui il cantato musicale ne diventa parte integrante, a creare la novità. Audiard si rinnova e rinnova in un film scoppiettante, bello, divertente, un film libero da ogni schema, a suo modo geniale, dove l’autore francese dimostra di non fermarsi, di ricercare senza il rischio di diventare pedante o presuntuoso.

Il boss cambia sesso ma non i sentimenti

IL BOSS della droga messicano cambia sesso e pensa con questo di poter cancellare il passato di soprusi, omicidi, violenze, dissoluzione. Si trasforma in Emilia Perez, la bravissima Karla Sofía Gascón, una ricchissima donna, che cercherà, con la complicità di un avvocato frustrato, Zoe Saldana, di redimersi, mettendosi al servizio delle migliaia che in Messico ricercano i propri parenti scomparsi e assassinati. Il problema nascerà quando Emilia Perez farà rientrare dall’esilio svizzero in cui li aveva inviati, l’ignara moglie, Selena Gomez e i suoi due figli. Per la serie che non si può sfuggire ai sentimenti la situazione in apparenza idilliaca precipiterà, trasformando il film di Audiard nel più puro degli action movies. La novità risiede appunto nella musica cantata, utilizzata non per intervallare la costruzione scenica ma come vero e proprio asse portante, integrata nei discorsi a tal punto che le parole delle canzoni in Emilia Perez sono riflessioni, battute e proseguono dall’inizio alla conclusione dell’opera innescandosi in perfetta armonia nella sceneggiatura. Non era facile riuscirvi.

Con un bisturi dentro i personaggi

JACQUES AUDIARD affonda con un bisturi nei personaggi. Li segue e come spesso fa, vedasi nell’ottimo Paris 13 arr.-la breve nota suhttps://guidoschittone.com/ftm-film-fuori-tempo-massimo/– non li giudica, non ne prende le parti. Li inserisce nel contesto urbano di una Città del Messico di cui, con pochi tocchi, tratteggia contraddizioni sociali, commistione tra potere politico e delinquenza e la netta separazione da coloro i quali sono esclusi da questi giochi. Emilia Perez e l’avvocato Rita sono vasi comunicanti; la prima entra nel corpo desiderato per prendere coscienza del mondo in cui l’amore e la generosità sono le basi. La seconda può finalmente avere riconosciuto l’immenso talento per le questioni giuridiche e gli affari e soprattutto trovare in Emilia l’unica persona con la quale confrontarsi. E come in tutti i film dell’autore francese ogni personaggio è monco, privato di qualcosa. Siano figli senza padre, mogli senza marito, gli individui di Audiard sono eroi della solitudine ma non solitari, sempre in cerca di ciò che appena trovato poi scomparirà. Questa volta in una terra, il Messico, che si adatta alla perfezione alla poetica del regista.

Immagini e interpreti da applausi

FILM teso, Emilia Perez è esteticamente bello. Città del Messico ci viene sempre presentata come spezzata in due. In basso, nella città, il caos in cui si sopravvive mentre in alto, nelle ville, la pace artificiale. Audiard riprende spesso una visione aerea e notturna che ha valenza simile-ma non uguale- a quella splendida immagine-diurna- dell’interessante film di Carlos Reygadas, Nuestro Tiempo-anche qui la nota in https://guidoschittone.com/ftm-film-fuori-tempo-massimo/-. Il regista gioca con nobili riferimenti cinematografici, la scena di Emilia bendata nel letto post operazione è figlia del capolavoro di Dalton Trumbo, E Johnny prese il fucile, creando magia quando una mappa dei desaparecidos si trasforma in volti che a poco a poco diventano centinaia di luci riprese nella notte. Merito del direttore della fotografia Paul Guilhaume così come le musiche di Clément Ducol e le canzoni di Camille, con testi dello stesso Audiard, non appaiono mai banali. Quanto agli interpreti, il premio per la migliore interpretazione femminile a Cannes è stato assegnato sia alla straordinaria Karla Sofía Gascón sia a Zoe Saldana, efficace e sorprendente per misura, alle quali la giuria ha voluto affiancare Selena Gomez e a sorpresa, Adriana Paz, il cui personaggio non è così influente sul fronte recitativo. Ma al di là dei premi vinti e di quelli che dovrebbero arrivare con gli Oscar, resta l’impressione che Emilia Perez di Jacques Audiard sia un film che non si dimenticherà e resterà nel cuore come il suo finale. Perché l’ossimoro esistenziale è una vita da cancellare, tramandandone un’altra.

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