Benvenuto tra i geni, signor Russell

american hustle

SE DUE INDIZI non sono sufficienti per creare una prova, tre ce la presentano bella e pronta. I due indizi:<< The Fighter >>-http://guido.sgwebitaly.it/?p=343- ovvero la boxe per sconfiggere i propri fantasmi; << Il Lato Positivo >>-http://guido.sgwebitaly.it/?p=439- in parte rilettura dello stesso tema attraverso la commedia brillante. Il terzo, la prova finale : << American Hustle >>. Il verdetto della giuria: David Owen Russell è un genio ed è inutile girarci attorno o sostenere che spesso ammicca al pubblico. Può permetterselo, perché un sacco di gente è disposta a seguirlo sul suo sentiero che è fatto di bravura, intuizione, cura maniacale del dettaglio, rigore nella scelta degli attori, fantasia, colpi a sorpresa, cultura di ciò che il cinema è stato e fiuto di ciò che sarà. << American Hustle >> è la sua consacrazione definitiva, l’elezione nella stanza degli illuminati del grande schermo a dimostrazione che non sono le innumerevoli, deplorevoli sciocchezze di certo cinema a divertire ma le cose intelligenti travestite di leggerezza.

PRENDETE un soggetto degno di un gangster movie: due truffatori professionisti pizzicati dal solerte, ambizioso investigatore che diventano il braccio operativo di una operazione di polizia atta a smascherare corruzione, legami tra politica e mafia negli Stati Uniti degli Anni’70. Di certi soggetti sono piene le videoteche mondiali ed è chiaro che fare meglio di gente del calibro di Scorsese and company è davvero molto arduo. Soprattutto nel riflettere su certi aspetti. Il genio- sì il signor David O. Russell- si trova quindi tra le mani un fatto vero e si accorge che è una bella materia per sbizzarrirsi come solo un genio può permettersi. Così, visto che poco gli importa di omologarsi a illustri predecessori e contemporanei, agguanta il bisturi e si mette a incidere l’epidermide del << genere >>. La rivolta, la lancia per aria, ne crea innumerevoli fettine e oplà ce la serve su un piatto d’argento che ha la forma di un enorme sorriso con la conseguenza che le lacrime non sono quelle melense degli adulatori del fiacco Philomena ma crepitanti come le bollicine di un Cristal d’annata. A questo si aggiunga un gruppo di attori che spesso hanno avuto a che fare con il regista e che attori: Christian Bale, Bradley Cooper, Robert De Niro, Jeremy Renner, Jennifer Lawrence e Amy Adams, più un sacco di altri meno noti ma non di caratura inferiore. Il risultato si chiama per l’appunto << American Hustle >>, inutilmente sottotitolato nell’edizione italiana con L’apparenza inganna , il film migliore presente nelle sale in queste prime settimane dell’anno e di sicuro la prova di maturità, superata a piena voti, di un immenso talento del cinema di oggi.

NON VORREI tediare con la sinossi del film: Irving Rosenfeld, Chrstian Bale e la sua amante Sydney, Amy Adams vengono pescati con le mani nel sacco truffaldino dall’agente Richard Di Maso, Bradley Cooper, che anche a causa dell’innamoramento per la ragazza offre ai due una via di uscita onorevole per evitare la galera: aiutarlo nello smascherare almeno quattro personaggi di rilievo nel giro dei truffatori. La cosa prenderà una piega più importante del previsto, perché a restare incastrato nell’indagine sarà il sindaco del comune di Camdem Carmine Polito, Jeremy Renner che a propria insaputa spianerà la strada al terzetto terribile mostrando i legami tra politica, mafia e gioco d’azzardo. Il resto lo lascio a chi ancora non ha avuto l’agio di correre al cinema per immergersi nei fuochi artificiali che Russell propone. Perché il regista e il suo sceneggiatore Eric Warren Singer giocano in continuazione a mostrare e a sottrarre le carte. Danno e levano, celano sotto una risata, una scena brillante, un ritmo da commedia, il reale per riproporlo poco dopo. Offrono finzione annunciando fin dall’incipit tutte le << false verità >>- toh un primo accenno all’altro grande film dell’inverno, Il Passato di Farhadi– che travestono gli individui. Stati di necessità, non importa se usati a fini delinquenziali o di pura esistenza-sussistenza. Se la vita è commedia lo sia anche il cinema, sembra dirci Russell. E più commedia si fa al cinema, maggiori sono le possibilità per giungere al nocciolo del problema, al nucleo dell’individuo, a un tentativo di spiegazione. Per riuscirci bisogna avere coraggio, credere nel progetto, andare contro il comune senso anche estetico di chi osserva.

CHRISTIAN BALE è oltre che mostruosamente bravo uno degli idoli delle donne in quanto a bellezza? Benissimo: Russell lo fa ingrassare a dismisura, ce lo presenta gonfio, con la pancia, con un parrucchino appiccicaticcio che manderebbe in bestia Cesare Ragazzi per l’ennesimo cambiamento fisico di uno dei massimi attori contemporanei. Avete un’idea di Amy Adams tutta casa e chiesa, purissima, casta, la classica figlia unica timorata e brava ragazza o moglie ideale? Scordatevela Russell la presenta con décolleté da roteare gli occhi, le gambe spesso in bella mostra, inventandosi addirittura una professione precedente di ragazza da lap dance. E avreste mai immaginato di vedere Bradley Cooper con i bigodini? O il serioso Jeremy Renner di The Hurt Locker con una parrucca che lo rende quasi irriconoscibile? Sono solo piccoli appunti, tra le centinaia che << American Hustle >> consente di annotare. Credo infatti che anche nella scelta del cast, Russell abbia voluto ribaltare le immagini che ognuno di noi si era pre-costruito di questi attori, per dirci che tutto ciò che abbiamo di fronte può cambiare in una frazione di secondo. Così facendo scoperchia un mondo dove tutti sono colpevoli ma più per voglia di sopravvivenza che per cattiveria insita nella natura umana.

PERCHÉ creando una commedia da un poliziesco annulla totalmente le differenze, il bianco e il nero, i contrasti. Guardie e ladri sono sulla stessa barca, i cattivi non ci appaiono tali e dimostrano di avere cuore, i buoni sono forse troppo ambiziosi e desiderosi di fare carriera. E poi c’è l’amore, la variabile che crea sempre confusione e che determinerà i destini della storia e dei suoi protagonisti per arrivare al finale, nel quale, a differenza del film di Farhadi, sarà possibile rimettere le caselle al posto giusto e iniziare ad abbandonare la finzione, cercando solo di vivere la dignità dell’esistenza normale, lasciando soltanto più nudi coloro i quali credevano nella propria superiorità morale.

IL FILM È MOLTO BELLO oltre che divertente. Il tocco maniacale di Russell riguarda anche l’ambientazione. C’è tutto degli Anni’70: ci sono i colori degli abiti, la stravaganza delle giacche indossate, la scoperta delle prime tecnologie elettroniche, la musica che qui assume un ruolo molto particolare e complesso. Infatti cambia ad ogni scena per identificare lo svolgimento, per connotarle non slegandole mai dal complesso. Si odono in sottofondo canzoni ormai perse, Shaft tanto per citare la prima che mi salta in mente, le hit di quella stagione mai usate con banalità. Poi ci sono loro, gli attori. Difficile vedere un gruppo così affiatato che regala l’idea di essersi sottoposto a un lavoro di un’enorme difficoltà con un risultato che è tra i migliori del cinema degli ultimi anni. Sarà un caso ma il quintetto dei protagonisti principali, Bale, Adams, Cooper, Renner e Jennifer Lawrence, destinata a diventare la Winslet del futuro, ovvero l’attrice più completa tra tutte, offre una prova delle proprie capacità che descrivere è limitativo. Non vorrei stupire con il paragone con un film molto diverso da questo, il già citato << IL Passato >> che per me è stato il migliore dell’anno scorso. Tra l’opera iraniana e questa ci corre ben più di un Oceano e di similitudini << fisiche >> c’è soltanto una lavanderia, quella di Parigi del nuovo uomo di Berenice Beyò e quella Usa di Christian Bale. Ma in entrambi i casi il discorso converge sullo stesso tema, visto dal lato drammatico e da quello grottesco. In American Hustle, inoltre, Russell non abbandona il discorso sulla famiglia. Christian Bale è diventato un truffatore proprio per reagire al sopruso che gli onesti subiscono dai disonesti, una sorta di vendetta a favore del padre. E questo David Owen Russell ce lo spiega molto bene all’inizio del film. E ci lascia la speranza- che è pura finzione cinematografica- che solo l’amore possa alla fine rimettere tutte le caselle al posto giusto.
Voto 9/10

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