DELITTO E CASTIGO come base, anche citata nel finale, di <<Confessions>>, il film di Tetsuya Nakashima che ha sfiorato l’Oscar come miglior opera in lingua straniera e che nonostante sia del 2010 è arrivato in questi giorni nelle nostre sale per sancire la definitiva consacrazione di un autore importante, uno che sta riscrivendo la grammatica della cinematografia giapponese contemporanea. Perché si tratta di una sorta di percorso conclusivo, una summa di tutto ciò che pulsa dentro il ventre mai pienamente mostrato di una delle nazioni più interessanti al mondo. <<Confessions>> è la storia di una vendetta, ancora più crudele del reato stesso. <<Confessions>> è anche uno dei film meno corretti politicamente che si possano trovare in giro per il mondo. E’durissimo, bellissimo nella sua perfezione scenica, psicologicamente devastante, aderente all’attualità sociale. Come se Nakashima sia colui che ha ricevuto il testimone per l’ultima frazione della staffetta, per tagliare il traguardo, per fissare un nuovo parametro tecnico dal quale il cinema giapponese possa ripartire. Anche per questo <<Confessions>> resterà importante nel futuro. Non solo nell’oggi.
E’UN’OPERA sul cambiamento del Giappone; sulla sua gioventù, sulle radici apparentemente spezzate, su una cultura nella quale il rigorismo delle regole e delle norme ormai nulla può, è solo parvenza di una costruzione che non contiene casa, soltanto muratura di superficie. Oltre a queste vivono anarchia, perdite di qualsiasi valore, assenza di esempi ai quali riferirsi, tecnologia usata al posto della comunicazione. La classe scolastica dei tredicenni di <<Confessions>> fa a pugni- in apparenza e poi spiegheremo i motivi- con gli studenti mossi dagli ideali de << La collina dei papaveri>> di Goro Miyazaki- la recensione su www.guidoschittone.com/?p=419-; sembra che per Nakashima e per l’autore del romanzo dal quale il film è tratto, Minato Kanae, il Giappone proiettato verso la modernità ma con ben presenti i valori basilari della sua cultura non esista più, sia morto, sepolto. E’il Giappone senza sconti, allegoria di un mondo contaminato quello che ci viene proposto. <<Confessions>> è l’evoluzione definitiva dei discorsi cinematografici mostrati nel recente passato da registi come Shinya Tsukamoto, non tanto quello di Tetsuo o di Tokyo Fist, debordanti di epica, bensì del magnifico quanto poco conosciuto Haze–la recensione su www.guidoschittone.com/?p=135– cortometraggio asfissiante e claustrofobico ambientato in un luogo del nulla.
LA VITA per la scolaresca della professoressa Moriguchi non ha alcun valore. Due di essi, lo studente A – Shunya Watanabe- e lo studente B – Naoki Shimonura- hanno ucciso sua figlia per un esperimento. Moriguchi, nel giorno del congedo dalla classe, presenta il conto, asserendo di aver iniettato sangue infetto di Hiv nel latte che i due studenti hanno bevuto poco prima. E’l’inizio delle confessioni, delle versioni dei fatti, del perfetto ritratto psicologico che vittime e carnefici mettono in scena. Non c’è innocenza tra questi giovani, in nessuno di loro, nemmeno in chi con quell’omicidio non c’entra. Di fronte a loro hanno il nulla a cui riferirsi, le mancanze di un modello da seguire. Il loro quotidiano scolastico è una recita retta da fragili strutture, la settimana del latte, quella del giovane scienziato che si confrontano con lo spettro dell’aids, con i telefonini, con il bullismo. Nella realtà ogni mezzo usato dai protagonisti serve soltanto a sublimare le carenze originarie. Lo studente A prepara ordigni e inventa crudeltà perché sua madre è fuggita lontano, lasciandolo solo da piccolo; lo studente B, si sente isolato dal resto del gruppo, e l’omicidio è l’unica espressione che può mettere in pratica per sentirsi accettato e per sapere di avere una funzione sociale. La grandezza del film, del suo soggetto, di una sceneggiatura durissima, è che gli sconti non ci sono per nessuno. Nulla induce al pietismo, al buonismo, non c’è l’affannosa ricerca di una parvenza di giustificazione. L’alienata gioventù di <<Confessions>> si nutre di modelli aberranti, eleggendo come idolo una ragazzina che ha sterminato l’intera famiglia.
IL MONDO di <<Confessions>> ha perduto ogni legame con l’etica; nulla ha valore, nemmeno la legge. Per riportare tutto all’ordine ecco che la professoressa è costretta a muoversi al di fuori dei confini della legalità, ingenerando un clima di terrore psicologico che porterà a un doppio, quasi triplo, finale da leggenda dove non esisterà nessuna concessione se non alla giustizia <<naturale>>. E’una materia scottante quella che maneggia Tetsuya Nakashima. Uno scivolone e avrebbe potuto creare un film accusato di blasfemia sociale. Invece no, in mezzo a tanta violenza impartita alla psiche, il film sprizza umanità da tutti i pori, quasi sia dapprima un grido di dolore e poi di speranza. Ma è innegabile che la fotografia che <<Confessions>> fa del Giappone è tremenda, solca l’oceano Pacifico che lo separa dal resto del mondo per entrare nelle case di tutti quanti. Certo nel Giappone di qualche decennio fa si avvertiva questo profondo mutamento generazionale e uno scrittore fondamentale come Yukio Mishima se ne era accorto ben prima di tutti quanti . Gli studenti faticavano a restare nelle regole tramandate dai padri e ogni osservatore esterno dotato di un minimo di sensibilità avvertiva che la progressiva occidentalizzazione di quel paese avrebbe prodotto effetti devastanti. <<Confessions>> supera, fortunatamente, quella che è la realtà dell’oggi. E ci lascia un messaggio universale, tornando guarda caso, allo stesso discorso che il gruppo dello studio Ghibli della famiglia Miyazaki ha voluto lanciare con <<La collina dei papaveri>>: la vita ha bisogno di radici e di esempi. Al posto di un ostello da salvare qui c’è un orologio le cui lancette vanno a ritroso per poi riprendere il loro corso naturale. Montato con il gusto di chi conosce tutti i trucchi del mestiere, fotografato con quella perfezione propria dell’estetica giapponese, ritmato da una colonna sonora che spazia da Last Flowers dei Radiohead a Bach, <<Confessions>> sancisce il talento dell’autore di Kamikaze Girls e di una schiera di interpreti alcuni dei quali già notati nelle opere precedenti di Nakashima e di Miike Takashi. Uscire sconvolti e ipnotizzati è ciò che domandavamo a questo film. Ci è successo. Da non perdere.