L’integrazione trattata col sorriso

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Le seconde e terze generazioni turche che vivono in Germania proseguono la riscoperta delle radici proponendo ogni anno film interessanti, a volte anche ironici e divertenti. E’il caso dell’ultimo arrivato << Almanya, la mia famiglia va in Germania>> della regista Yasemin Samdereli, tedesca-turca, che in questi giorni sta ottenendo un buon successo di critica e di pubblico. Sia chiaro: non siamo in presenza di un capolavoro o di una tappa storica per  questa cinematografia che la riflessione sull’afflusso migratorio turco in Germania l’ha già sviluppata ampiamente con opere importanti come lo splendido e non dimenticabile << Ai confini del paradiso>> di Fatih Akin. Eppure Samdereli dà vita a un film piacevolissimo , scorrevole, allo stesso tempo profondo pur nella sua sceneggiatura elementare e priva di fronzoli. Si sorride più che ridere per buona parte della durata di << Amanya, la mia famiglia va in Germania>>- nell’originale << Willkommen in Deutschland>>- e si riflette sul significato dell’integrazione, su quel sentimento che all’improvviso porta a chiedersi quale è la nostra terra, se quella che ci ha adottati e nella quale non ci sentiamo stranieri o quella originaria dei genitori e dei nonni che conosciamo per sentito dire o che ricordiamo per averci trascorso spiccioli di adolescenza. E’ nel continuo aggirarsi lungo il punto interrogativo che il film di Samdereli si sviluppa e cresce senza mai cedere alla tentazione drammatica. E’ <<Ai confini del paradiso>> al contrario. In << Almanya>> più che affrontare la crisi profonda e intellettuale  di un individuo che scopre all’improvviso la Turchia nella propria essenza- del resto già presente nel precedente film di Akin <<La sposa turca>>- si spiegano il come, quando e perché i turchi sono andati verso la Germania per lavoro, trovando a poco a poco la piena integrazione sociale ma riuscendo a mantenere, almeno per la primissima generazione, le solide tradizioni culturali. Non stranieri in patria, o gente senza patria, ma persone che riescono ad armonizzare il rapporto tra mondi differenti. E se nella figura dell’anziano nonno resta il coriaceo desiderio di tenere ben saldo il cordone ombelicale con la nazione di nascita e di crescita, negli altri, i suoi figli e i nipoti, la Turchia e in specie l’Anatolia- guarda caso la regione che dà il titolo a uno dei migliori film del 2010 <<Once upon time in Anatolia>> della <<mia>> icona Nuri Bilge Ceylan– rappresentano qualcosa di presente ma di fatto sconosciuto. Sarà un viaggio improvviso a fare scoprire le radici, a riacquisirle senza però tradire allo stesso tempo l’appartenenza alla nazione nella quale le giovani generazioni sono nate e cresciute, ovvero la Germania.

PER riuscire nell’intento la regista Yasemin Samdereli si affida- lo abbiamo già accennato- a una sceneggiatura elementare: attraverso un racconto che la giovane nipote fa al proprio cuginetto di come i nonni e i genitori dalla Turchia sono giunti in Germania. Ma all’interno di questo inserisce l’ironia, il gusto della battuta, la caratterizzazione dei singoli personaggi, il mondo visto dagli occhi di un bambino in un continuo andirivieni tra presente e passato, con qualche strizzatina d’occhio allo scontato ma proposto con qualità. Il contenuto più riuscito è legato a un’ironia deliziosa capace di portare lo spettatore a riflettere e a leggere senza alcuna difficoltà il film nella propria interezza. <<Almanya, la mia famiglia va in Germania>> non è una commedia generazionale, semmai mette a confronto differenti generazioni le quali a poco a poco si ritrovano coese, le une tornando in vacanza nel paese d’origine, le altre scoprendolo e attraverso lo stratagemma scenico della morte del capofamiglia, facendolo proprio innestandone lo spirito nella nazione, la Germania, nella quale sono nati. E’una visione priva di dubbi e per questo lontanissima dalle tematiche di Fatih Akin con i suoi personaggi devastati dal dubbio e di sicuro ben più complessi. Ben interpretato e ben girato -molto belli soprattutto gli esterni e l’allegorica scena della casa acquistata del nonno, in realtà solo un muro esterno oltre il quale vanno messe le fondamenta- <<Almanya, la mia famiglia va in Germania>> è rilassante e scorre che è un piacere senza attimi di noia. La trentottenne Samdereli, protagonista al festival di Berlino del 2011, ci sa fare. Non sarà Akin ma il suo mestiere lo interpreta bene danzando sui problemi. E arriva dove vuole. Il che per un film quasi d’esordio è già un bel biglietto di presentazione.

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