E se l’autentico modello del cinema orientale fosse un << vecchio >>film del 1997, diretto da Zhang Yimou e intitolato Keep Cool? E’una domanda che mi sta frullando proprio ora, pochi minuti dopo avere visto la pellicola ed esserne rimasto sorpreso. Adoro la cinematografia di Zhang Yimou che è inutile stare a elencare perché la prolificità dell’autore cinese potrebbe riempire tutte le pagine di questo blog, quasi fosse un Fassbinder d’Oriente. Ma Keep Cool lo avevo perduto e il film mi sembra basilare per ciò che da quelle parti è avvenuto dopo; il regista infatti traccia varie strade poi seguite da altri. Di riprese, di montaggio, di lettura originale della Cina moderna e di quella ancorata alle massime di Mao. Lo fa divertendosi e divertendo, collaborando con lo scrittore Shu Ping, autore del romanzo I racconti della sera dal quale il film è tratto, usando l’occhio eccessivo dell’assurdo per spiegare meglio la realtà. Siamo dalle parti della cinematografia di Tarantino senza Grand Guignol ma con trovate che fanno parte del teatro di Beckett e di Ioneso, di dialoghi serrati che non hanno un senso apparente e di una camera << a spalla >> in perenne movimento, traballante per cogliere anche l’ultima goccia di vino precipitata da un bicchiere. Movimentando l’iperealismo dell’immagine, Zhang Yimou con questo film ha (meglio aveva visto che siamo nel secolo scorso) raggiunto un risultato di rara perfezione stilistica e di contenuto poi ripresa da tanti altri, tra i quali molti autori coreani che vanno per la maggiore.Rivisto ora a distanza di dieci anni il film resta attuale, ultramoderno come una pietra miliare e dovrebbe essere reso obbligatorio per coloro i quali vogliono studiare meglio l’autore cinese più noto in Europa, un regista in grado di navigare a cavallo di ogni genere mantenendosi sempre fedele alla propria poetica di grande autore.