Piperno, un critico piacevole

Non so se vi siete mai imbattuti nelle recensioni a metà tra la critica profonda e il dialogo con i lettori di Alessandro Piperno. A me accade spesso perché sono un fan delle riviste femminili, perché ritengo che alcune di esse, come appunto Vanity Fair, abbiano un taglio molto trasversale: le acquistano le signore e poi le leggono i maschietti o anche i maschietti. Nell’ultimo numero, lo scrittore romano ci parla del romanzo appena uscito in Italia, di Philip Roth, << Patrimonio >> edito da Einaudi, nella realtà pubblicato negli States nell’ormai lontano 1991. Sul libro del grande, forse il più grande, scrittore contemporaneo non posso dire nulla: non l’ho letto, il Motorshow mi sta massacrando e ho poco tempo. Ma sulla recensione di Piperno ho pochi dubbi: lo scrittore italiano ci conduce all’interno del fenomeno Roth spiegandoci che ben difficilmente un autore può scrivere capolavori o cose molto importanti in tenera età. Ci cita casi celebri, Proust, Kafka, McCarthy, i cui i libri fondamentali sono arrivati con la maturità. Come se l’espressione, lo stile da soli non bastino per creare un buon libro. Piperno ha ragione. Senza il contenuto si rischia di avere narrativa di copertura, di confezione. Senza l’esperienza umana, senza la discesa nel dolore e soprattutto nella sua comprensione, è difficile poter produrre romanzi di elevata qualità, in cui la forma si abbina, combacia, si attorciglia con ciò che si vuole estendere al potenziale lettore. Nel caso di Roth, << Patrimonio>> dà il via alla sorprendente serie delle sue opere migliori. Questo ci dice Piperno nel suo bel pezzo, in cui la figura dell’intellettuale si mette in disparte per farci comprendere senza ansia da superuomo i motivi per i quali vale la pena leggere il romanzo. E’per questo che Piperno << funziona >> come critico, ricordando, guarda caso, uno dei suoi mentori, quell’Antonio D’Orrico con il quale si può non essere a volte d’accordo ma che ha il coraggio di metterci sempre la faccia e di scegliere da che parte stare. C’è poi, a proposito della recensione di Piperno, un’altra coincidenza che non investe la critica ma il motivo per il quale gli scrittori << anziani >> producono le proprie trame migliori. Mi riferisco a un bel pezzo di Umberto Eco sulla << dimenticanza >> apparso qualche giorno fa su La Repubblica. Ma questo è un altro argomento che, se avrò tempo, approfondirò più avanti.

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