Paul Auster, da un articolo del Corriere della Sera della scorsa settimana, se la prende con i critici letterari, asserendo che dovrebbero svolgere questo mestiere per cinque anni. Un tempo limite. Che lo scrittore statunitense sia arrabbiato con alcuni è naturale: il libro pubblicato l’anno passato << Viaggi nello scriptorium >> era talmente brutto e insulso da non potere suscitare reazioni positive. Chi lo ha fatto, in Italia per esempio, probabilmente è stato accecato dall’amore per un personaggio che non è tra i più costanti. Da un libro interessante, << L’oracolo della notte >> è passato a uno bellissimo << Follie di Brooklyn >> per precipitare in una schifezza, quella che ho citato poco sopra. Auster apprezza Roth ma non lo ama. E’sullo stesso piano di Franzen. Entrambi non sono Roth e forse un po’di invidia la provano.Nel fondino che segue il pezzo dedicato a Auster, si parla invece di critici. E’vero che molti non hanno la preparazione adeguata per stabilire se un libro è valido o meno. Ma è altrettanto vero che il mondo della comunicazione è profondamente cambiato. Il lettore ha bisogno di poche parole, di commenti svelti, il più possibile ficcanti di modo da recepire l’idea della qualità di ciò che è interessato ad acquistare. Esiste infine una sottile differenza tra recensione e critica. Il recensore informa, esprime un giudizio. Il critico affonda, studia, ha una veste diversa. E’più completo. Non è giornalista nel senso letterale del termine, è un uomo di lettere con un percorso di conoscenze specifiche indirizzate più che al giudizio all’approfondimento. Spesso le due figure di recensore e critico si fondono in una sola e da questa provengono le cose migliori, quelle che interessano una piccola parte dei lettori ma che restano. Un conto è se su un romanzo di Roth si esprime Alessandro Piperno altro il signor Rossi della situazione, uno come me per esempio. In ogni caso chi disprezza i critici – ne conosco molti- compie un errore: è grazie a loro se si va oltre al battage pubblicitario, alla comunicazione forzata. E’ grazie a loro se si riesce a capire più di quanto il nostro intuito e preparazione sono in grado di comprendere. Anche questa è una scelta: i critici li leggo, a volte studio i loro percorsi mentali, e anche quando non mi trovo d’accordo da loro traggo spunto per sapere se un libro, un film, un’opera d’arte ha qualità oppure no.
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