Mentre in Italia qualcuno storce il naso verso << Gomorra >> e << Il divo >> , rei di essersi macchiati di lesa maestà – ma allora fare cinema a cosa servirebbe?- ho voluto riscoprire uno dei primi film di Wai Kar Wong, << Angeli perduti >>. Sono i due episodi stralciati dal progetto originario di << Hong Kong Express >> e poi girati l’anno seguente, nel 1995, dal regista cinese assieme allo straordinario direttore della fotografia Christopher Doyle. Rispetto al film precedente, << Angeli perduti >> gioca soprattutto sul montaggio e appunto la tecnica di ripresa. Il ritmo è frenetico, le ombre coprono lo schermo, la luce naturale dona parecchi verdi nella notte che si alternano con il nero per trasmettere la cupezza, il mondo claustrofobico nel quale agiscono i protagonisti.Un killer professionista, professione ideale per chi << non vuole decidere >>, e la sua procacciatrice d’affari, l’agente, comunicano soltanto via fax per stabilire ora e incasso delle operazioni. Vivono nelle camere attigue alla stazione, non si incontrano mai, lasciano di loro stessi spazzatura da esplorare e per questo si desiderano trasformandosi l’uno nell’ossessione dell’altra. Un ragazzo muto perché da bimbo ha ingerito scatolette scadute di ananas – chiaro rimando a uno degli episodi di << Hong Kong Express >>- vive nel silenzio rumoroso dei propri pensieri. Incontrerà una ragazza tradita, l’aiuterà nella ricerca di un’altra donna misteriosa, colpevole di averle soffiato il fidanzato. L’amore sarà un breve interludio, un piccolo istante di riempimento in un mondo che si evolve verso un chissà che sa sa di niente. Le storie si uniscono solo nel finale, per il resto si alternano ma non si tratta di quadri l’uno staccato dall’altro. La maestrìa dell’allora giovanissimo Wai Kar Wong risiede nel dissolvere la narrazione, nel portarci ora nel gioco << hardboiled >>dei due oscuri oggetti del desiderio ora nella vita del muto, nella quale la disperazione non coincide mai con la rassegnazione ma è vitale, leggera, ironica. Difficile stabilire se sia migliore questo film o quello che l’ha preceduto di un anno. Pur essendo figli dello stesso padre affrontano il tema dell’impossibilità sentimentale, delle divergenze del tempo, in modo molto diverso. In << Angeli perduti >> traspare il divertimento della messa in scena, la ricerca del virtuosismo di camera, di un linguaggio estetico affrontato con un montaggio spesso rapidissimo, antesignano di molti videoclip musicali contemporanei. Ci sono come di consueto molte sigarette, molto fumo, umidità che cola dai muri, sangue a profusione,l’io narrante, una musica che spesso si sostituisce alle parole con atmosfere alla Massive Attak e due scene di autoerotismo femminile da consegnare alla storia del cinema. Per raffinatezza, per bellezza, per gusto. Piccoli particolari non secondari nella carriera di questo regista unico che ora sta completando le riprese di << Lady of Shangai >>, remake orientale del film di Orson Welles, e che per il mercato internazionale ha appena finito di rimontare uno dei suoi primi capolavori: << Ashes of time >>, presentato a Venezia nel 1994, e poi circolato solo in pessime versioni dvd perché mai acquistato, a causa delle esose richieste dei misteriosi produttori originari, dai distributori.