L’uomo in più è Sorrentino

E’impossibile catalogare, classificare, dire questo è meglio dell’altro nel cinema e in ogni arte, forse nella stessa vita. Ma Paolo Sorrentino – non penso di dire una fregnaccia- tra i tanti giovani registi del cinema italiano è sicuramente quello che ha una marcia diversa, un occhio particolare, non omologato, non identificabile in una moda, in un genere. E’sé stesso, ha un suo stile anche se fino ad ora ha realizzato solo tre film, più un altro nel 1998 come coautore, e un quarto che ora dovrebbe essere in postproduzione per passare nelle sale l’anno prossimo.Ho rivisto << L’uomo in più >>, il primo del 2001 al quale poi sono seguiti << Le conseguenze dell’amore >> e il contestato (ma splendido e intelligente) << L’amico di famiglia >>. Era l’opera di un esordiente, sembra, ancora oggi, un film di un regista che ha girato cento film. Ci sono Toni Servillo e Andrea Renzi, fuoriclasse nel ruolo di protagonisti, ma dietro loro si annida un terzo fuoriclasse di questo mezzo, un autore che lo conosce, che sa scrivere, che sa girare, che sa dirigere. << L’uomo in più >> è una storia parallela di due omonimi, un calciatore che diventa allenatore senza squadra e un cantante che non ha più da cantare. Due falliti all’apice del successo che per provenienza sociale, diversità anagrafica, crollano nella propria caduta. Con una differenza: Antonio Pisapia difensore è uno che << aspetta >> e rispetta le regole del gioco. E’ un << timido >> che ha studiato una tattica d’attacco a Coverciano, che la propone e che viene tradito dal suo ambiente. Tony Pisapia cantante si porta appresso la misteriosa morte del fratello mentre pescavano polipi assieme, è un cocainomane, ama le ragazze, vive sopra le righe e paga il conto alla società. Ma lo fa a muso duro, è un vinto con orgoglio. Reagisce alla vita. Alla fine la sua sconfitta non sarà morale mentre il fallimento dell’altro Pisapia sarà il rifiuto della vita stessa. In questa trama ambientata negli Anni’80 Sorrentino guizza come un pesce: l’ha scritta lui, l’ha diretta lui con classe, con furbizia, con una professionalità che difficilmente si riesce ad acquisire in un’opera prima. Tecnicamente ci sono alcuni movimenti di macchina che si rivedranno nelle << Conseguenze….. >>, obbiettivi che si allargano per rendere la figura umana sempre più piccola, battute secche, in cui l’ironia non manca mai nemmeno nei momenti tragici. Nell’ <<L’uomo in più >> Sorrentino volteggia – sua caratteristica- su perdenti comunque etici; ricerca tipi umani lontani dai cliché dei soggetti italiani tipici e così facendo va oltre agli schemi e ai generi.  Certo non tutto è perfetto: la sceneggiatura fa acqua in alcuni punti, il suicidio  del calciatore è troppo sbrigativo, non risolto sembra essere il rapporto tra cantante e  il ricordo del fratello morto, di cui Pisapia calciatore  diventa quasi un doppio, i finali sono tre. Il primo che sa molto di Ferreri (autore che ritorna spesso nel cinema di Sorrentino), l’ultimo ironico e consolatorio. Ma sono peccati di gioventù e di probabili esigenze produttive. Nel dvd del film c’è un’intervista- abbastanza generica e poco tecnica- con il regista in cui si svela che la produzione ha concesso fiducia all’allora esordiente proprio perché sembrava non girasse un film italiano << tipo >>. Da allora, la pellicola è uscita nel 2001, sono trascorsi quasi sette anni e Sorrentino ha mantenuto il proprio tocco, semmai lo ha evoluto senza sporcarlo. Nel 2001 era nato un autore, un punto di riferimento.

Condividi!