<< Louise Michel >> è un film che sta raccogliendo in modo molto spontaneo, senza troppi battage promozionali, un successo inatteso: le sale si riempono, la gente ride. In maniera intelligente a battute e situazioni intelligenti. Essere comici significa sapere cosa è un dramma. E’solo una questione di messa in scena: nel dramma si scava, mantenendosi nell’ambito del possibile, del normale. Quando questa introspezione di un personaggio, di una situazione, supera il confine del realismo scatta il comico. Si può far ridere esasperando una visione, un fatto oppure facendo scattare quella molla che si chiama grottesco. I francesi sono da sempre i migliori paladini di questo genere d’arte. Nel grottesco soffia spesso il drammatico, ci pulsa dentro, è il suo cuore. Nel grottesco, aggiungo, la riflessione sul mondo è profonda. Si decodifica la verosimilità e si porta tutto quanto all’estremo, facendo diventare inverosimile ciò che è. Per carpirne il nucleo centrale. << Louise Michel >> è diretto da un duo di giovani e irriverenti autori proveniente dalla televisione: Gustave de Kerwen e Benoit Delepine, prodotti da quel geniaccio pieno di intuito di Mathieu Kassowitz, qui interprete di una piccolissima parte. Nel loro film si affidano volutamente a due personaggi esteticamente brutti, due esclusi e perdenti, due che non sono ciò che geneticamente sembrano. Uno ha perso il posto di lavoro per la chiusura improvvisa della fabbrica, l’altro è il detective assoldato dalle operaie- hanno 20.000 euro in comune frutto delle loro buonuscite- scelto per assassinare il padrone. Colleziona imitazioni di armi da fuoco, non ha un soldo in tasca, è un fallito che vive dentro una roulotte e guida uno sgangherato minipulmino. Chi lo contatta è un’operaia grassa e pelosa: non beve, non ha di che vivere, per mangiare tende trappole ai piccioni. Entrambi non sono ciò sembrano: il detective in realtà è una ex bimba negata al lancio del martello, l’operaia un ex contadino indebitato che si è fatto anni di galera per l’omidicio di un bancario.<< Louise Michel >> è uno dei migliori ritratti degli ultimi anni sulla perdita del lavoro e su come l’ economia industrializzata distrugge la vita delle persone senza che si possa risalire direttamente a un responsabile fisico. E’la lotta del singolo contro un potere che anch’esso è asessuato, non è riferibile a un individuo preciso. E’per questo che il grottesco al gusto di humour nero come la pece serve a de Kerwen e Delepine per affrontare la disperazione, lo scoramento, lo scollamento sociale, la perdita d’identità dovuta al nulla che resta. Ambientato in Piccardia, in una cittadina decadente e vuota, << Louise Michel >> fa riflettere: le battute e le situazioni non sono mai gratuite, gli improbabili << eroi perdenti >>, i bravissimi Yolanda Moreau e Bouli Lanners, lanciano malati terminali come armi contro i fantasmi del proprio bersaglio. Un ingegnere uscito di senno simula l’abbattimento delle Torri Gemelle con un aeroplanino, il direttore del personale spia dal buco della serratura << portatile >> le fattezze della Moreau mentre spenna i piccioni, i genitori di Lanners vivono all’interno di una ex prigione che sembra un manicomio. E’un lungo viaggio quello che i due compiranno per colpire il << padrone >>: arriveranno persino all’isola di Jersey, non a caso uno dei paradisi fiscali prediletti dalle finanziarie, lasciandoci però con la vitalità del folle che non si rassegna. E ci si domanda il motivo per il quale in Italia quando si vuol ridere al cinema ci venga offerta una lunga e tristissima lista di titoli da qualità cerebroassente mentre da altre parti, affidandosi all’intelligenza, alla fantasia e originalità si riescano a sfornare film che centrano l’obiettivo parlando al cuore e alla mente, senza inutili slogan e senza mai scadere nella macchietta. Da questo punto di vista << Louise Michel >> è una piccola lezione alla quale molti dei nostri autori dovrebbero assistere.