Può accadere casualmente che qualcuno infili un dvd sbagliato nella custodia e invece del titolo scelto ci si ritrovi con un film già visto un sacco di tempo addietro ma che lascia stupefatti per la propria intrinseca bellezza. E’ Fuga da Alcatraz di Don Siegel, con Clint Eastwood in veste di protagonista. Dal giorno della sua uscita nelle sale cinematografiche sono trascorsi ventotto anni. L’unica volta che l’avevo visto era stato allora e mi era sembrato ottimo. Ma ero molto giovane, non avevo esperienza e i miei gusti forse si stavano formando. Ebbene stanotte l’ho gustato con quello sguardo freddo che viene dal conoscere il plot, la storia e dal ricordo netto di molte scene. Se ventotto anni fa Fuga da Alcatraz era stata una piacevole esperienza quasi disimpegnata, oggi è stata ben più entusiasmante. Dietro quelle immagini c’è infatti la modernità di Don Siegel, il suo taglio secco, la sua capacità di non perdere tempo inutilmente, di badare al sodo,di restringere le parole inutili nella sceneggiatura e di puntare sui silenzi, sugli sguardi, sull’oppressione ambientale della prigione che si trasforma in violenza psicologica. Così l’apparente secchezza diventa una sorta di apoteosi di come si possono affrontare le storie. Siegel era un maestro dei B movies e ha scritto pagine importanti nella storia del cinema perché conosceva tutte le sue componenti. Prima di mettersi dietro la macchina da presa aveva montato parecchi film, tra i quali nel 1942, Casablanca. Ha insegnato a parecchia gente: Peckinhpah e Polansky sono stati suoi sceneggiatori, Eastwood il suo allievo prediletto (è di Siegel la regia di uno dei primi Callaghan). Ha esplorato ogni forma di genere, lasciandoci alcune perle come L’invasione degli ultra corpi, Faccia d’angelo o Rivolta al blocco 11. Aver rivisto un suo film mi è valsa una piccola grande lezione di cinema da parte di un autore che ancora oggi non è invecchiato, è attualissimo e meriterebbe di essere maggiormente ricordato.