LA PSICANALISI è un <<Dangerous Method>>, un camminare sull’orlo dell’abisso individuale per coloro che la praticano. Non tragga in inganno l’impianto tradizionale dell’ultimo film di David Cronenberg : è solo artifizio scenico come la scelta di prendere per base la storia dell’insolito e notorio menage a trois che coinvolse Carl Gustav Jung, Sigmund Freud e Sabina Spielerein a partire dal 1904. Nella realtà siamo in presenza di un puro film alla Cronenberg dove il grande regista canadese-pardon autore, forse il più costante tra tutti i coevi- prosegue la ricerca sul doppio insito in ognuno di noi, sugli specchi, sull’analisi dei comportamenti individuali quando lo scienziato è costretto a occuparsi della natura umana. Un abisso appunto sul quale camminano inconsapevolmente all’inizio Jung e Freud e nel quale precipitano a poco a poco, travolti dagli impulsi che essi stessi spiegano e cercano di curare ma che si trasformano in pulsioni più forti della pragmatica, della scienza e del suo approccio. << A Dangerous Method>> è film molto umano poco consolatorio. <<Cerebrale>>come solo la produzione di Cronenberg sa essere, dove la perversione autentica non è la passione che lega Jung a Spielerein ma la consapevolezza che ognuno dei due inventori, maestro Freud e discepolo Jung, nulla potranno opporre alla loro discesa nel campo delle emozioni forti e disintegranti, annullanti.
SEMBRA di riascoltare le parole di Lou Castel nella scena finale di <<Attenzione alla puttana santa>> di Rainer Werner Fassbinder quando recita la frase tratta dal Tonio Kroeger di Thomas Mann:<<..sono sfinito di stanchezza a furia di rappresentare l’umano senza partecipare all’umano>>. Nel racconto di Mann e nel film di Fassbinder la riflessione era sull’artista. In << A Dangerous Method>> è sullo psicanalista in quanto uomo-scienziato che analizza l’umano malessere mentale e comportamentale, sotto le diverse ottiche, la basica di Freud e quella più allargata e debitrice di influssi esterni di Jung. Ebbene l’ingresso di Sabina Spielerein , essa stessa malata, metterà a nudo il senso di impotenza. Si analizzano i sintomi, si curano, ma nessuno può curare o controllare la forza del sentimento di chi a sua volta è chiamato a guarire gli altri. E’un fallimento quello del quale ci parla David Cronenberg, ma necessario e non risolvibile, non rimediabile.
LA GRANDEZZA del regista è nel sapere manipolare la storia stessa del rapporto tra Jung e Freud mettendo sulle labbra dei due frasi certificate dai testi negli stessi luoghi e nella stessa epoca ma con un significato differente. Emblematica la scena in cui i due sbarcano a New York. Jung osserva con stupore la nuova frontiera, il mondo nuovo. <<Eccoci davanti al futuro>> dice e Freud gli risponde:<<Non sanno che gli stiamo portando la peste>>. Tutto vero, è storia. Ma è chiaro che la <<peste>> freudiana firmata Cronenberg è riferita a ciò che accadrà in futuro, al nostro oggi, alla città dove l’esistenza è scandita dalla visita quotidiana al proprio psicanalista e dalla non risoluzione di alcun problema. Perché sempre di uomini si tratta e il doppio di noi stessi, nonostante gli sforzi, non può mai opporsi all’altro. Resteranno in equilibrio imperfetto come la silenziosa accettazione di questo stato da parte di Jung nel finale del film o come l’andirivieni di lettere tra Freud e il più giovane collega che rendono anche molto <<letterario>> un film che è consigliabile vedere in edizione originale, senza doppiaggio, con la voce nuda e cruda degli splendidi attori a condurci in questo viaggio dove non si perde mai un attimo di attenzione, dove nulla è banale e lasciato al caso, dove cinema può essere scritto con la C maiuscola, dove una storia che avrebbe potuto trasformarsi in un romanzetto d’appendice o in una sconclusionata riflessione si trasforma in pura gioia, in un film godibile, a suo modo divertente e non solo per la ragione. E’questa la forza che Cronenberg antepone ad altri autori di oggi: non perde mai di vista il mezzo e a chi è rivolto. Fa cinema.
LA VERSIONE in lingua originale è consigliabile:Keira Knightley è la prima donna in tutti i sensi. E’ Sabina compulsiva e dolcissima, perversa e razionale: danza su tutti i registri, fa la pazza disperata come poche volte si è visto, torna a essere un’attrice che sa alternare, cambiare, perché lo sa fare, perché nonostante la giovane età è di una completezza importante, senza mai andare sopra le righe. Nulla nella sua recitazione, nel suo disperato isterismo iniziale è gigionesco. I due fuoriclasse che interpretano Jung e Freud sono Michael Fassbender e Viggo Mortensen, che sembra ormai aver preso il posto di Jeremy Irons nelle preferenze di Cronenberg. Entrambi sono irriconoscibili sotto il trucco con Fassbender che si è meritato in toto la Coppa Volpi a Venezia, anche se per la sua interpretazione in Shame di Steve McQueen. Al trio di campioni va aggiunto il quarto incomodo: Vincent Cassel che ritrova Cronenberg dopo la positiva prova in <<La promessa dell’assassino>>. E’ Otto Gross, la cui figura di psicanalista e la sua lucida follia- Jung lo dichiarò incapace di intendere e volere ma lo coinvolse nel proprio lavoro- fanno sorridere e allo stesso tempo riflettere. Sarà lui a confermare i dubbi a Jung. Il prossimo film di Cronenberg sarà <<Cosmopolis>> tratto da uno dei più brutti ma anche del più visionario romanzo di Don De Lillo. Scommetto che sarà un capolavoro.