E’allarmante quanto accaduto domenica e chi l’anno passato si mise a sorridere quando dal ministero degli interni ipotizzarono una possibile commistione tra frange ultras e delinquenza sia politica sia organizzata dovrebbe rassegnarsi all’evidenza: in materia di ordine pubblico l’emergenza principale è proprio quella legata al calcio. Calcio non inteso come partita, come sport, ma come fenomeno in grado di muovere anche fazioni opposte in un’unica, granitica, compatta macchina da guerra capace di tenere in scacco città e forze dell’ordine. Da tifoso di calcio, da addetto ai lavori, dico che non bastano le solite parole che ora, a poco dal’incidente mortale di Badia al Pino e dai fatti di Roma, Milano, Bergamo e, sostanzialmente in ogni parte d’Italia, stanno riempendo le redazioni. Dico basta con la facile sociologia da strapazzo, basta perdere tempo ricordando il valore dello sport autentico. La risposta di una società civile non può e non deve prescindere da regole e dal loro rispetto. Perché da scintilla gravissima ma accidentale- la morte del tifoso laziale sul quale si spera si faccia giustizia nelle sedi opportune- è dimostrato che può scaturire un incendio non controllabile che si estende a macchia di leopardo. A volte le guerre iniziano proprio così. Non credo che l’Italia, oggi, possa permettersi anche questo. Ed è qui che la politica seria e responsabile deve intervenire al di là delle idee e degli schieramenti. Ne sarà capace?