Da Hilde Coppi alla banalità del male
Il regista tedesco Andreas Dresen con Berlino, Estate ’42 parla del caso di Hilde Coppi, l’attivista antinazista che assieme al gruppo de L’Orchestra Rossa venne dapprima incarcerata e successivamente condannata a morte dal regime hitleriano. Ne fa un film che poggia le proprie basi sul genere biopic e questo è forse il vero limite dell’ opera presentata alla Berlinale del 2024. Perché senza l’assillo di voler spiegare l’incontro della protagonista con il gruppo di cui faceva parte il futuro marito-la scelta di entrarci fu più sentimentale che ideologica- Berlino, Estate ’42 sarebbe stato un grandissimo film sulla banalità del male. Invece il continuo ricorso a flash back ne depotenzia l’impatto, rendendolo a volte didascalico, quasi da prodotto televisivo da offrire in serialità. Tutto ciò, parere personale, grida vendetta. Raramente infatti capita di ricevere l’impressione di assistere a due film in uno: il primo che evolve una storia in modo molto tradizionale, l’altro, che mi ha entusiasmato, che vira nell’intimo del personaggio di Hilde, nella stupidità e crudeltà del male, infine nel senso della morte imminente. Ed è ciò che mi ha interessato di Berlino, Estate ’42.
Discendere impotenti in un incubo
Eliminato quindi il continuo ricorso alla nota storiografica da parte della sceneggiatura, Berlino, Estate’42 si trasforma in un’opera potente che va oltre il nazismo, il fascismo, il comunismo e i regimi dittatoriali. Il personaggio di Hilde è un inno alla resistenza dell’individuo contro i soprusi. È l’affrontare in modo stoico e senza il minimo ripensamento il proprio destino, è lo scoprire scampoli di umanità nei carcerieri, di pietas. È l’esprimere le proprie emozioni. Hilde Rake discese nell’estate del 1942 in un incubo. Conobbe per amore l’attivista Hans Coppi, in precedenza già condannato dal regime nazista per attività sovversiva, che la introdusse nel gruppo Schulze-Boysen-Harnack. Il loro compito cercare di comunicare via radio con l’Unione Sovietica invasa dalle truppe naziste. Vennero ben presto arrestati tutti quanti. Le sentenze di morte furono eseguite tra il dicembre del 1942 e l’agosto del 1943. Dresen è eccellente nel ritrarre la vicende di Hilde, dal giorno dell’interrogatorio, all’incarcerazione, alla nascita del figlio Hans, poi diventato un importante storico, fino all’ultimo giorno. È qui che Berlino, Estate ’42 esprime le sue cose migliori. Il film riesce a far entrare anche lo spettatore nel travaglio di questa giovane ragazza. Seguire soprattutto la seconda parte diventa per chi osserva un esercizio di assoluta aderenza con Hilde e ciò che la circonda. È quasi un’ora di sofferenza reciproca, di domande non banali, di cosa si prova nell’imminenza di una morte certa.
Liv Lisa Fries è indimenticabile
Tutto ciò è merito di Liv Lisa Fries che interpreta da applausi a scena aperta il personaggio di Hilde. L’attrice tedesca, nota in Italia per essere una delle protagoniste della serie Babylon Berlin, diventa il perno del film con una recitazione che non ha un momento di imbarazzo, di calo. Hilde di Fries è un concentrato di sguardi, di silenzi, di malinconia. Non esiste alcuna forzatura nell’interpretazione. Sembra quasi che Fries viva e muoia con Hilde, ami con Hilde, si disperi con Hilde. È umana, è vera, non è attrice, il che credo sia il massimo complimento che le si possa attribuire. È appunto Hilde, un abito che si è cucita addosso, si è incollata sul corpo e nell’animo. Se, per ipotesi, Berlino, Estate ’42 avesse un solo motivo per essere visto sarebbe proprio per la presenza in scena di Liv Lisa Fries, che fa dimenticare i momenti didascalici, e addentrare chi osserva nell’essenza del bene e del male. Il resto, cast compreso, è professionismo allo stato puro. Andreas Dresen è eccellente nell’assecondare la sua attrice, nel mettere in scena e quindi nel rafforzare lo sgomento che deriva dalla vicenda. Riprende con il giusto distacco, si esalta nelle scene di vita in carcere, nell’intuire gli sprazzi umani dei secondini, il sincero dolore per le ingiustizie da parte del cappellano, descrivendo alla perfezione il momento della fine. Purtroppo è nella sceneggiatura che si trovano gli appesantimenti. Per capire che quell’estate del 42 dalla leggerezza e incoscienza si sarebbe trasformata in una tragedia sarebbe bastato seguire solamente Hilde Coppi dietro le sbarre. E con lei la sua straordinaria attrice.