Il festeggiamento è frugale, senza donne, senza alcool, senza cibo se non un barattolino di gelato alla vaniglia. È soprattutto un massacro interiore, un mettersi allo specchio, un inchiodarsi a ciò che non è mai stato detto, a un tentativo di presa di coscienza, alle ragioni e ai torti di tutti quanti. Benvenuti nel mondo di One Night in Miami, il film in odore di Oscar di Regina King, ambientato nella notte del 25 febbraio 1964 subito dopo il primo trionfo mondiale di Cassius Clay contro Sonny Liston. La notte messa in scena dalla regista-attrice è l’unico dato di cronaca fedele. Tutto il resto è pura e intelligente invenzione dello scrittore teatrale Kemp Powers, autore dell’omonimo spettacolo, che mette a confronto nella stessa stanza d’hotel quattro icone della cultura afroamericana Cassius Clay, Sam Cooke, Jim Brown e Malcom X, legati uno all’altro da profonda amicizia, perfetti grimaldelli per spalancare le contraddizioni del movimento nero dell’epoca e metaforicamente dell’oggi.
1964: un durante che è anche dopo
La scelta del 25 febbraio 1964 non è casuale: quel giorno Clay divenne il nuovo profeta della boxe mondiale. In quel mese Malcom X prese la decisione di sganciarsi dal movimento musulmano Nation of Islam per fondare il Muslim Mosque Inc. e partire in aprile in pellegrinaggio alla Mecca. Sempre nel 1964 Jim Brown, considerato il migliore giocatore di football americano dell’epoca, accettò una parte nel film di Gordon Douglas, Rio Conchos che gli avrebbe spalancato le porte per una fortunata carriera di attore professionista. Nel 1964 Sam Cooke si trovava all’apice del successo come autore e produttore musicale e in dicembre sarebbe morto in circostanze ancora tutte da chiarire, preso a pistolettate dalla direttrice di un motel di Los Angeles. Insomma c’è un durante del film che è anche un dopo ed è proprio questa intuizione ad accrescerne il valore e una forza non comune che lo allontana-fortunatamente- da tutte le operazioni politicamente corrette, vedasi Green Book & affini, che l’Hollywood dei falsi benpensanti del terzo millennio ci ha propinato in tempi recenti. Perché One Night in Miami non fa sconti a nessuno, non parteggia, antepone l’uno all’altro, percepisce il travaglio interiore dei suoi quattro protagonisti. La politica, la spinta ideologica non mettono mai in secondo piano l’uomo, anzi lo esaltano, ne caratterizzano le fragilità interiori finendo con il fare del film una pirotecnica spoliazione quasi psicanalitica di ogni partecipante alla festa.
Malcom X il deus ex machina
Malcom X è il deus ex machina di ciò che avviene nella stanza. È l’uomo che ha preso una decisione difficile, che ne è tormentato. Vive di teoremi e di ideologia ; ha la consapevolezza di dover anteporre il nero al bianco, la lotta senza quartiere per affermare diritti che esistono solo sulla carta. Vorrebbe coinvolgere i suoi amici, soprattutto Sam Cooke che all’opposto ha un’altra idea di lotta, basata su una visione imprenditoriale, sul profitto che nasce dallo sfruttare il proprio talento musicale mettendolo al servizio di chi poi ne interpreta le canzoni e guadagnandoci, a spese dei bianchi, come produttore e autore. È soprattutto questo scontro, violento, drammatico e allo stesso tempo lancinante per le rispettive coscienze a caratterizzare lo script, che ne è la trave portante. La figura di Jim Brown, la più silenziosa ma di sicuro non la meno espressiva, ha una funzione di raccordo. È l’occhio dello spettatore che assiste mentre Cassius Clay è l’esuberanza, l’ingenuità capace però di mutarsi in dubbio e disillusione. Il film non vuole lanciare messaggi, non accarezza teoremi o teorie, preferendo mettere in mostra le differenti sfaccettature dell’universo afroamericano e i modi diversi da parte dell’individuo di affrontare il proprio ruolo nella società statunitense.
Un cast da applausi a scena aperta
One Night in Miami è un’ottima opera che non ha momenti di vuoto e anzi vive di una tensione progressiva che cresce minuto dopo minuto coinvolgendo in toto lo spettatore. Al contrario di ciò che si può pensare non è nemmeno un film statico. Tutt’altro. L’incipit, con la caratterizzazione dei quattro protagonisti, è pimpante con le riprese dedicate a Cassius Clay degne dei migliori film di genere. E c’è sempre, merito indubbio di Regina King, il momento di una finta evasione, di una fuga dalla stanza che però non allontana né chi osserva né i protagonisti dal nucleo centrale dei problemi messi in campo. Ci sarebbe poi da scrivere un articolo intero di elogio per il cast che definire perfetto è riduttivo. Kingsley Ben-Adir è un Malcom X sofferto e partecipe, in apparenza invasato ma umano come pochi sul quale grava il peso di dover risvegliare l’orgoglio dei propri compagni di viaggio. Così simile a James Wood-Max Bercovitz di C’era una volta in America mentre osserva dalla finestra gli uomini che lo spiano. Leslie Odom Junior è Sam Cooke: su di lui, sulla sua presa di coscienza si fissano i momenti drammatici del film. È un attore meraviglioso che in One Night in Miami canta-benissimo- piange, riflette, si devasta. Attraversa cento registri senza mai oscurare la credibilità del proprio personaggio. Eli Goree interpreta Cassius Clay con un concentrato di esuberanza, innocenza mai superficiale disegnando in modo magistrale la figura del miglior boxeur di ogni tempo. Completa il quartetto d’assi Aldis Hodge, profondo come pochi. Colui che parla meno e osserva quasi fosse l’unico uomo davvero nuovo, capace con uno sguardo di andare oltre, di mettere in evidenza le contraddizioni della stessa comunità nera, quando affrontando Malcom X gli ricorda lo stesso razzismo che chi ha la pelle più chiara tra i neri ha nei confronti di coloro che sono più scuri e viceversa. Il film è visibile sulla piattaforma di Amazon Prime che lo ha prodotto.