Non dimenticare Rachel getting married

rachel.jpgFilm da non dimenticare: sono molti, anche tra quelli degli ultimi otto mesi. << Rachel getting married >> di Jonathan Demme era stato presentato a Venezia ma era rimasto incastrato dalla maggiore comunicazione ricevuta da altre opere meno importanti. Forse non era stato capito oppure non visto da tutti coloro che contavano. Ora che è arrivata la versione in dvd merita una ripassata o una visione nel caso fosse sfuggito, come mi era accaduto, nella normale programmazione di sala.Siamo nel territorio migliore di Jonathan Demme: il film non è solo messa in scena. E’anche documentario, è sintesi tra le innumerevoli esperienze di un autore cinematografico che raramente ha sbagliato bersaglio sia quando è stato alle prese con il plot da grandi numeri, << Il silenzio degli innocenti >> o << Philadelphia >>, sia quando ha proposto in anticipo sui tempi piccole chicche come << Something wild >>, tradotto in << Qualcosa di travolgente >>, sia quando ha ritratto a suo modo grandi artisti seguendoli con la sua camera nervosa e precisa, penso per esempio a << Stop making sense >> incentrato sul deus ex machina dei Talking Heads David Byrne. Ecco Demme è un’artista curioso, molto variegato nella sua produzione, sempre a caccia di novità e di rinnovamento. Ama partire dal dramma per giungere all’ironico o percorrere il cammino inverso, proprio come accade qui , in << Rachel sta per sposarsi >>, un film alla Altman – non per niente tra le dediche finali appare anche il nome del maestro insuperato della coralità per immagini e parole- un compendio dell’arte di Demme e della sua maturità acquisita.E’un salto in avanti quello che percorre il regista innamorato del documento: applica le due diverse arti di ripresa, fiction e realismo, unendole, non procedendo mai staccato, servendosi della splendida sceneggiatura di Jenny Lumet sulla storia di una ragazza che esce dal centro di riabilitazione per prendere parte al matrimonio della sorella maggiore. All’inizio sembra un film da ridere o almeno da sorridere: ma Demme ci porta a scrostare l’intonaco della villa di famiglia. Segue Anne Hathaway, destinata a diventare una attrice di grandissimo spessore, nelle stanze ritrovate, a confronto con i parenti, ci invia segnali a poco a poco che ciò che stiamo osservando e ascoltando è solo un antipasto, che dietro ai conflitti di famiglia, celati dalla compassione, dal nervosismo, dalle discussioni, dal rapporto contrastato tra le sorelle, esiste una mancanza originaria, contro la quale nulla può il buon senso pietoso di una splendida figura paterna. Anch’essa è inadeguata, anch’essa è fragile pelle dentro la quale il senso di vuoto, il senso della perdita la fanno da padroni. E’la tragedia celata eppure conosciuta che unisce e divide i componenti di questo straordinario quartetto di attori, con Hathaway anche Rosemarie Dewitt, Bill Irwin, la rediviva Debra Winger, e centinaia di apparizioni importanti, Roger Corman per esempio, scelte nella allargata cerchia di amici del regista. Così Demme ci conduce molto dolcemente nella realtà della Hathaway, mostrandoci il mondo con i suoi occhi e i suoi sorrisi melanconici, fino al momento della catarsi, della riappacificazione con sé stessi, che significa solo prendere coscienza di ciò che si è. Forse.Gli ultimi venti minuti di << Rachel getting married >> sono incentrati sulla scena del matrimonio. E’uno dei migliori sposalizi mai visti al cinema, dove nulla è casuale, dove centinaia di attori recitano in totale libertà seguendo però alla lettera le indicazioni della sceneggiatura. L’obiettivo si posa ora sull’uno ora sull’altro, Hathaway resta sempre sullo sfondo ma è la quinta protagonista, perché noi in quei momenti vediamo il mondo come lo vede lei, partecipiamo al suo dolore, alla sua espiazione morale e volontaria in un tripudio di colori, di danze sfrenate, di contrasti, di allegorie sul << melting pop >> americano – altro leit motiv del film con la consueta visione progressista di Demme- , quasi una << Nashville >> di Altman concentrata in pochi minuti. E’grande cinema fatto da chi non ha mai voluto fossilizzarsi su un genere, su uno stile, ma che dal proprio primo maestro, Roger Corman per l’appunto, ha ereditato la vitalità e la curiosità di esplorare sempre forme nuove, di mettersi alla prova. << Rachel getting married >> è un film entusiasmante, da quattro stelle piene, uno di quelli che perdere è un autentico delitto.

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