Divertente la polemica sul festival cinematrografico di Roma. L’idea della nuova giunta di creare uno spazio ad hoc per il cinema italiano è buona. Collegarla con i << David di Donatello >> anche, trovarne una collocazione temporale diversa pure. Il problema << romano >>, fin dalle sue origini – ovvero due anni fa- è sempre stato quello di essere troppo a ridosso con la Mostra del cinema di Venezia. C’era il rischio, e a volte è accaduto, che una erodesse l’altra, che alcuni film andassero da una parte. C’era il rischio che entrambe ne venissero snaturate. La festa romana, inoltre, pressava troppo da vicino il festival di Torino, quello curato da Nanni Moretti, certamente meno modaiolo, meno sfarzoso ma con molti contenuti originali.Se Venezia ha resistito è perchè, a parte qualche rara eccezione, la festa della capitale non ha mai offerto una qualità tale da preoccuparla. Al tempo stesso Roma è diventata importante per il mercato, per i contatti extra manifestazione, per la compra-vendita. Credo che la gente di cinema se ne freghi delle passerelle e delle star. Pretenda qualcosa di più concreto. Una buona legge sul cinema, una distribuzione più razionale, una spinta a realizzare le tante idee ( buone ) che da un paio d’anni a questa parte circolano. Il futuro delle manifestazioni, inoltre, è nella peculiarietà dell’evento. Nella specializzazione dei programmi e dei progetti. Non sarebbe male avere Venezia come vetrina del cinema internazionale, Roma di quello italiano. In questo caso l’uno potrebbe rimandare realmente all’altro, esserne il lancio. Anche se più che di festival, l’Italia ha bisogno di risorse, di un cinema in grado, come quello francese, di autofinanziarsi e, soprattutto, di potere circolare liberamente nelle sale, di avere tiratura di copie sufficienti, di poter essere proiettato per un tempo decoroso. Solo così i tanti festival potranno avere un senso compiuto e non essere solo una bella vetrina per politici, clientele e divi di turno.