45 Anni:la forza di una sceneggiatura perfetta

GEOFF E KATE MERCER potrebbero vivere da New Normal, quello stato della discesa nella vecchiaia coniato da Richard Ford nel suo ultimo amarissimo e non perfettamente riuscito libro Tutto potrebbe andare molto peggio. Avrebbero tutto per arrivare alla fine senza porsi troppe domande. Sono borghesi agiati, progressisti, abitano in un romantico cottage di un villaggio nella campagna attorno a Norfolk. Lui tenta da sempre di leggere Kierkegaard ma non riesce mai a concludere le sue opere; lei passeggia con il cane e sta preparando le grandi manovre in vista della festa del loro quaratacinquesimo anniversario di matrimonio. Ma, all’improvviso, nel tranquillo tran tran della coppia, si insinua il passato e tutto cambia, come è naturale che sia. Cosa accadrebbe, infatti, se doveste scoprire che il vostro coniugue per ben quarantacinque anni vi ha taciuto un particolare per nulla secondario della sua precedente esistenza? Come cambierebbe la vostra ottica e quali sarebbero, più che le reazioni, i vostri stati psicologici? È quello a cui cerca di rispondere, e lo fa molto bene, il film del britannico Andrew Haigh, 45 Anni.

SONO soprattutto due le direttrici sulle quali Haigh ha lavorato per realizzare il film: una sceneggiatura rigorosa, scritta assieme a David Constantine, precisa,che incede minuto dopo minuto, che cresce, che scava, che è per farla breve un piccolo capolavoro. E la bravura dei due attori, Charlotte Rampling e Tom Courtenay ai quali la precisione, la professionalità non sono mai mancate ma che qui offrono una delle loro prove migliori della carriera; non per niente sono stati entrambi premiati con l’Orso D’Argento per la miglior interpretazione femminile e maschile al festival di Berlino del 2015. Senza questi due capisaldi, probabilmente, il film non avrebbe avuto la stessa valenza. Non sarebbe bastata la bravura dei protagonisti a salvare una sceneggiatura debole come una sceneggiatura forte avrebbe potuto essere sminuita da una prova d’attore infelice. Per la gioia di chi ama il cinema questo non accade e 45 Anni si inserisce di diritto nei film che vanno visti ad ogni costo. Poi si potrà discutere più o meno se questo tipo di opera possa piacere a chiunque. Ma sul valore assoluto di 45 Anni nulla da eccepire anche se è cinema che potrebbe trovare come proprio luogo fisico ideale il palco teatrale, nel solco di una tradizione tutta britannica dove il vaso comunicante tra le due forme espressive è sempre aperto per motivi storici e culturali.

SI PARLA di sceneggiatura che rasenta la perfezione perché è questa l’asse portante di 45 Anni. Haigh e Constantine seguono la coppia modificando sempre con un tocco, un’inquadratura diversa, una pausa, quella che sembra essere una pura ripetizione di gesti e di discorsi. Ci riescono perché scelgono fin dall’inizio il personaggio femminile come forza trainante di questa discesa nell’incredulità. Rampling si carica delle ansie, della curiosità di una moglie che all’improvviso scopre il non detto da parte del marito. Non è una questione di corna-troppo semplice- ma di ben altro. È l’entrare in un mondo precedente al loro rapporto a lei celato, precluso. È l’accorgersi che ha vissuto per quarantacinque anni con una persona ben diversa da quella che credeva di conoscere. Si attua quindi da parte degli autori un processo progressivo, costante, di autentica suspence, di destrutturazione della coppia per arrivare a comprendere che si è stati attori passivi del grande inganno esistenziale.

STORIA di una ferita non rimarginabile, 45 Anni ci porta all’interno di un mondo fragile, ci fa camminare sul terreno franoso sul quale incedono le insicurezze, le paure e i tormenti di chi davanti ha poco e alle spalle ancora meno se non la grande recita dell’esistenza. Il passato è stato smoke gets in your eyes dei Platters, fumo. È il sentimento che corrode, che scortica l’apparente algido e pensieroso mondo di Charlotte Rampling. Sebbene più defilata, anche la parte maschile non viene trascurata. Mentre Kate-Rampling indaga sui segreti del marito, Geoff-Courtenay si consegna a lunghe solitudini; fuma guardando nel vuoto, si accorge egli stesso di avere messo in scena una pantomima;va alla caccia di un passato che non potrà anche fisicamente tornare quasi per redimersi. Il gioco delle differenze psicologiche tra donna e maschio in 45 Anni è descritto in modo mirabile ed è anche in questo che il soggetto e la relativa sceneggiatura non lasciano spazio ad alcuna obiezione. Perché Haigh non cade mai nel tranello né del feuilleton, di uno stiracchiato romanticismo né di un posticcio happy end. Anzi, è proprio il finale-risolto con un piccolo gesto da parte di Rampling– una delle parti più efficaci del film a dimostrazione che se si è secchi, precisi e si spogliano le situazioni dagli orpelli il senso di nausea, di ribrezzo, il sentimento dell’offesa morale possono risaltare più che in mille scene madri. Certo è cinema, lo ripetiamo, che può non piacere a tutti perché si basa sui particolari, sugli oggetti, gli sguardi e anche gli esterni che cambiano ed introducono la settimana che precede la grande festa per l’anniversario. Così la campagna inglese si trasforma, nei paesaggi si insinua l’elemeno liquido, vuoi un canale, vuoi la pioggia e a noi come ai protagonisti non resta che prendere atto del grande inganno che è la vita.

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